L’anello debole

17 Ottobre 2022 di fabio pizzul

In occasione della Giornata internazionale contro la povertà, è stato presentato oggi a Roma il Rapporto Caritas sulla povertà 2022. Si tratta di un documento prezioso perché si basa su dati e non su impressioni o opinioni. Ne emerge un quadro di grande sofferenza con il 9,4% della popolazione residente in Italia che può essere considerato in povertà assoluta. Tra i tanti elementi che devono far riflettere c’è anche il fatto che il Reddito di Cittadinanza, percepito da 4,7 milioni di persone, raggiunge solo il 44% dei soggetti in povertà assoluta. Evidente anche il fatto che la povertà è legata in modo inscindibile alla condizione della propria famiglia di origine, tanto che si può tranquillamente parla di “povertà intergenerazionale”. Da qui il titolo del Rapporto 2022: “L’anello debole”.
Ci sono anche altre considerazioni importanti.Partiamo dal dato numerico: le famiglie in povertà assoluta nel 2021 risultano 1 milione 960mila, pari a 5.571.000 persone.
In un anno, tra il 2020 e il 2021 l’incidenza della povertà è cresciuta più della media per le famiglie con almeno 4 persone, con genitori di età tra 35 e 55 anni e bambini di 4-6 anni, particolarmente vulnerabili, q non è una sorpresa, risultano le famiglie degli stranieri e quelle con un reddito da lavoro.
Il lavoro dei centri di ascolto Caritas è imponente: nel 2021 le persone incontrate e supportate sono state 227.566 persone con un incremento del 7,7% del numero di beneficiari rispetto all’anno precedente.

Un dato che ci deve far riflettere è che sii rafforza la correlazione tra stato di deprivazione materiale e bassi livelli di istruzione: cresce il peso di chi possiede al massimo la licenza media, che passa dal 57,1% al 69,7% e in questa percentuale sono comprese anche persone analfabete, senza alcun titolo di studio o con la sola licenza elementare.
Il rischio di rimanere intrappolati in situazioni di povertà è molto alto per chi proviene da un contesto familiare di fragilità e sono proprio i figli delle persone meno istruite a interrompere gli studi prematuramente, fermandosi alla terza media e in taluni casi alla sola licenza elementare.
Anche i dati sul lavoro raccontano una stretta correlazione tra povertà e bassa qualificazione, visto che più del 70% dei padri degli assistiti da Caritas risulta occupato in professioni a bassa specializzazione. Per le madri è invece elevatissima l’incidenza delle casalinghe (il 63,8%). Drammatica quella che potremmo definire la povertà ereditaria, visto che un figlio su cinque ha mantenuto la stessa posizione occupazionale dei padri e che quasi la metà, il 42,8%, ha invece sperimentato una mobilità discendente.
Dati come questi evidenziano la necessità di interventi che vadano oltre gli indispensabili aiuti materiali che, nel caso delle povertà multigenerazionali, non appaiono sempre risolutivi.
Anche il Reddito di Cittadinanza funziona a metà perché è stato finora percepita da 4,7 milioni di persone, ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%). Tra le modifiche necessarie a questa misura, oltre alla reale attivazione di politiche per il lavoro (come ha sottolineato il Papa questa è la prima politica contro la povertà), sarebbe quindi opportuno far sì che fossero raggiunti tutti coloro che versano nelle condizioni peggiori, partendo dai poveri assoluti.
Dal Rapporto Caritas emerge, infine, una chiara indicazione riguardo il fatto che gli aiuti economici sono necessari, ma non risolutivi, serve un accompagnamento puntuale delle persone che, in caso contrario, difficilmente potranno emanciparsi dalla loro drammatica situazione.

Il rapporto completo e gli interventi durante la presentazione di oggi a Roma

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