Crescono le foreste in Lombardia, ma è davvero una buona notizia? Dipende.
I dati dell’ERSAF, l’ente regionale che si occupa di agricoltura e foreste, certificano che nel 2020 coprono il 26% del territorio regionale, con una crescita del 65% dal 1936 ai giorni nostri. I dati territoriali sono però molto diversificati: la provincia con la crescita maggiore è Como, con il 90%, mentre a Mantova la superficie è calata del 40%. La provincia lombarda più boscosa in termini percentuali è Lecco, con il 47% del territorio, mentre quelle con la maggiore estensione assoluta sono, nell’ordine, Brescia, Sondrio e Bergamo.
Il volume del legname presente in Lombardia è impressionante, 145 milioni di metri cubi, e gli alberi sono in grado di trattenere più di 103 milioni di tonnellate di anidride carbonica ogni anno.
In questo conto, come riferisce Confagricoltura, una quota importante è determinata dai pioppeti che nella pianura lombarda si estendono per circa 29.000 ettari e rappresentano un’importante risorsa per la produzione di legname.
Torniamo però alla domanda iniziale: perché non dovrebbe essere una buona notizia la crescita dei boschi e delle foreste in Lombardia?
Dipende da quanto sono effettivamente curati, perché un bosco che si espande in modo sregolato, magari invadendo terre alte abbandonate dall’agricoltura non è sempre un buon bosco e non è detto che aumenti la qualità naturalistica della zona. Per non parlare di boschi che sono derivati da piantumazioni di specie poco adatte alle zone in cui si sono sviluppati, mettendo a rischio la biodiversità e le caratteristiche proprie di terreni molto vasti che sono poi maggiormente esposti ai danni da fenomeni atmosferici.
Viva boschi e foreste, dunque, ma è necessario aumentare la consapevolezza del loro valore e impegnarsi affinché possano essere sempre più curati e coltivati, anche nelle terre alte.
Per quanto riguarda la pianura, invece, mi paiono interessanti iniziative come quella promossa da Confagricoltura e fondazione AlbertItalia che propone alle aziende agricole di mettere a disposizione i propri terreni, mantenendone la titolarità perché vengano impiantate piantagioni con pioppi per la produzione di legno per tronchi da sfoglia o biomasse. Resta poi un altro aspetto da sottolineare: in pianura andrebbero recuperati spazi e filari con alberi autoctoni che, senza sottrarre spazio alle colture, possono arricchire la biodiversità e aumentare la qualità ambientale di territori che spesso rischiano di perdere mole delle loro caratteristiche storiche.
Un tema sicuramente da approfondire con la collaborazione del mondo agricolo: gli agricoltori sono tra i principali custodi dell’ambiente naturale e la contrapposizione tra attività agricole e conservazione dell’ambiente mi pare assolutamente miope.