La pandemia rischia di lasciare segni pesanti su Milano e sul suo futuro. Il distanziamento che ci ha protetto da Covid-19 potrebbe influire pesantemente sulle dinamiche di una città che ha sempre avuto nelle sue relazioni commerciali, culturali e sociali una delle ragioni del suo successo. Queste e altre considerazioni sono contenute nel rapporto Milano 2021, curato da Rosangela Lodigiani e promosso da Fondazione Ambrosianeum. Alla presentazione del rapporto hanno partecipato anche il rettore della Statale Elio Franzini e la docente di economia della Cattolica Floriana Cerniglia.
Se il professor Franzini ha sottolineato come Milano abbia bisogno di trovare un nuovo senso allo sviluppo che intende costruire dopo la pandemia, la professoressa Cerniglia ha messo in guardia dal mito delle global cities che rischiano di essere governate dalle multinazionali più che dalle loro istituzioni. Milano non è una global city per dimensioni, ma lo è per creatività e relazioni che non possono prescindere dai suoi legami culturali e territoriali. Per questo, Milano non può permettersi di fare da sola, ma deve fare rete con territori e realtà che rischiano di rimanere indietro: le risorse non possono essere concentrate solo nelle realtà che funzionano meglio con il rischio di approfondire diseguaglianze territoriali ed economiche che finiscono per frenare lo sviluppo.
Nel Rapporto si affrontano nel dettaglio le risposte che Milano ha dato alla pandemia e si nota come la città rischi di correre a due velocità e di vedere approfondirsi le diseguaglianze.
Milano, sottolinea la curatrice Lodigiani, ha sempre avuto una vocazione policentrica e ha tante vocazioni che vanno tenute assieme. Per questo è auspicabile un nuovo modello di sviluppo per la città all’insegna dell’attitudine a promuovere l’attenzione a quelli che si possono definire come “beni di comunità”, ovvero tutte le iniziative e le attività che consentono di creare buone relazioni e di prendersi cura della vita delle persone. E’ proprio la cura la prospettiva che il Rapporto intende offrire alla città. Negli ultimi mesi, ha sottolineato la professoressa Lodigiani, ci siamo scoperti tutti più fragili, ma la fragilità è parte della vita e la sua cura è elemento fondamentale per creare sviluppo sostenibile.
Tra i tanti spunti offerti dai molti interventi raccolti dal volume pubblicato da Franco Angeli, mi permetto di segnalarne uno che riguarda la cosiddetta città dei 15 minuti, che l’amministrazione comunale milanese ha proposto come strategia per portare i servizi più vicini ai cittadini. Il Rapporto condivide l’idea di lavorare sulla prossimità dei servizi, ma sottolinea come questa opportunità debba essere per tutti e non solo per alcune parti della città; la prossimità non è, tra l’altro, solo un servizio, ma è un legame che deve allargarsi a tutta la città che non può essere divisa in bolle.
Come di consueto, il Rapporto Milano offre tantissimi spunti di riflessione e tanti dati a partire dai quali si potrebbe aprire utili percorsi di approfondimento sul futuro della città.
Come scrive il presidente di Ambrosianeum Marco Garzonio nell’introduzione del Rapporto, Milano ha rischiato di perdersi in una globalizzazione omologata, simboleggiata dalle nuove torri di Citylife, che avrebbero potuto essere costruite in qualsiasi altra metropoli. La pandemia ci ha dato uno scossone, ricordandoci come Milano abbia sempre saputo includere e prendersi cura di chi ha scelto di viverci: deve tornare a questa originalità che ha saputo coniugare laboriosità, attenzione alle persone e cultura. C’è un simbolo di questa peculiarità di Milano e Garzonio lo identifica nel Pirellone, una torre profondamente milanese e originalissima, che non invecchia, come può essere attualissima e innovativa una Milano capace di prendersi cura di tutti i suoi cittadini.
ho seguito la presentazione, purtroppo anche quest’anno solo via computer e non in presenza (anche se ho visto chi era presente).
Mi collego alla tua riflessione sulla città dei 15 minuti.
Se ne parla ancor prima della pandemia da Covid19. Per le città, ed in particolare Milano nel nostro caso specifico, sono state catalogate tutte le presenze nel territorio (tutte le tipologie di servizi esistenti), ma proprio per questo in molte realtà periferiche si sente l’esigenza di inserire (o re-inserire) quello che manca.
E la pandemia in molti casi ha accelerato l’esigenza di inserire velocemente quello che ancora manca.
Non è infrequente infatti ascoltare persone delle zone periferiche che dicono “andiamo a Milano” per sottolineare la ricerca di qualche servizio od attività che da loro non è presente.