La politica, il Covid e la scuola

8 Gennaio 2021 di fabio pizzul

I continui rinvii della ripresa dell’attività didattica in presenza alle scuole superiori sono rivelatori della debolezza della politica. Affermando che il rinvio è stato determinato dalle valutazioni del CTS (Comitato Tecnico Scientifico) regionale, la regione ammette il fatto di non avere nessuna idea su come gestire l’emergenza e il possibile percorso per uscirne. I tecnici fotografano i dati e disegnano scenari, la politica dovrebbe prendere decisioni e tracciare strade sulla base dei dati offerti dai tecnici. Se non lo fa, si consegna a una progressiva irrilevanza.

E’ quanto sta accadendo in Lombardia riguardo la possibile ripresa delle attività didattiche in presenza per le scuole secondarie di secondo grado. Con un’aggravante, dal mio punto di vista. E’ vero che siamo in piena emergenza sanitaria, ma non possiamo trascurare i risvolti sociali ed economici dell’emergenza stessa.
Sul fronte economico, pur di dare un segnale di disponibilità al mondo del commercio, si è dato un via libera allo shopping prenatalizio che, se ha dato un contentino agli operatori, ha innescato una catena di contagio che ha trovato ulteriore diffusione nelle relazioni familiari delle tre settimane successive. Quando il virus riparte poi è difficile fermarlo.
Sul fronte sociale, segnatamente quello scolastico, nulla, se non una malintesa prudenza dettata probabilmente anche dal fatto che il danno economico è trascurabile, visto che docenti e personale hanno lo stipendio assicurato e le famiglie, tutt’al più, risparmiano sulle spese di trasporto.
C’è un altro dato che mi fa pensare. Gli unici tecnici che vengono ascoltati e riveriti in questo momento sono quelli sanitari, ma, ripeto, il loro ruolo dovrebbe essere consulenziale e non decisionale. E poi, non sono tecnici anche gli operatori del mondo della scuola e di quello dei trasporti che in queste settimane hanno garantito l’applicazione dei protocolli previsti? Sono forse meno autorevoli perché non si occupano della salute delle persone?
Chi ha responsabilità politiche e amministrative dovrebbe ascoltare, valutare e decidere. In questi mesi stiamo assistendo a un progressivo arretramento della politica al cospetto di una tecnica che, però, balbetta più che offrire certezze e non potrebbe essere altrimenti, di fronte a una situazione inedita come quella della pandemia.
Il tema di fondo credo rimanga quello della responsabilità sociale.
Se ci si affida solo a divieti tecnici, è più facile che passi l’idea che tutto ciò che non è esplicitamente proibito sia concesso (è uno dei cavalli di battaglia dell’individualismo libertario).
Se ci si muove sulla strada della responsabilizzazione, si punta su linee guida che tracciano strade da costruire assieme per individuare forme di convivenza e socialità sostenibili e prudenti. La scuola, a mio giudizio, è il luogo ideale per promuovere questa seconda strada. Certo, se si pretende di garantire il “rischio zero” o ci si mette solo nell’ottica di evitare ulteriori rischi a una compagine sociale già molto stressata su altri fronti, si farà Dad totale ancora per molte settimane.
Siamo disposti a correre rischi per tante cose, probabilmente anche per un caffè da asporto o per un aperitivo, quanto siam disposti a rischiare per la scuola?
Ho l’impressione che ci fidiamo più del barista o del parrucchiere che degli insegnanti e dei nostri figli (senza offesa alcuna, naturalmente, per baristi e parrucchieri).

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