I 100 anni di papa Wojtyla

18 Maggio 2020 di fabio pizzul

Cento anni fa nasceva Karol Wojtyla, che il 16 ottobre 1978 sarebbe diventato papa Giovanni Paolo II.
Voglio provare a ricordarlo con alcune brevi riflessioni che non hanno alcuna pretesa, se non quella di condividere con chi vorrà leggerle la memoria di un personaggio che ha accompagnato, con la sua potente personalità, buona parte della mia vita.

Con il suo pontificato ha letteralmente trascinato la chiesa nel passaggio di millennio e negli anni che hanno segnato la fine delle ideologie e la nascita della globalizzazione. Giovanni Paolo II è stato un papa globale, espressione di una chiesa capace di convocare folle mai viste prima, pronta ad esercitare un significativo ruolo geopolitico, ma in difficoltà di fronte a un individualismo tecnocratico che ha progressivamente invaso il mondo intero. Simbolo tragico di questo cambiamento è il continente europeo che, invece di rinascere, dopo le dittature comuniste, dalle sue radici cristiane, si è incamminato verso un freddo burocratismo senz’anima, cui il sogno europeo sta pagando un prezzo altissimo.

Giovanni Paolo II è stato un gigante per la chiesa e per il mondo, un mistico che ha dovuto occuparsi di politica, un poeta che si è scontrato con la dura prosa del potere.
Un vincente, se guardiamo a quanto accaduto in Polonia e negli altri paesi dell’Est, un martire, se guardiamo alla sua drammatica vicenda umana e alla forza con cui ha saputo resistere a una malattia che lo ha bloccato e consumato.
Giovanni Paolo II ha cambiato il secolo di cui era figlio, ma non è riuscito a dare l’impronta che immaginava e forse sognava al nuovo millennio.
Un grande papa, che ha vissuto il dramma della chiesa di ogni tempo: espressione della gloria di Dio incarnata nella miseria e nel limite dell’uomo.
Un papa che non ha mai capito fino in fondo l’Italia, ma che l‘ha amata e spronata a non arrendersi a declino che sembrava inarrestabile.
Giovanni Paolo II ha vissuto fino in fondo un formidabile cambio d’epoca con il coraggio di guardare al futuro, quel coraggio con cui iniziò il suo pontificato gridando al mondo: “Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo!”

Voglio ricordarlo con le parole con cui chiudeva l’enciclica “Centesimus annus”, a 100 anni dalla “Rerum novarum” di Leone XIII. Era il 1° maggio 1991 e le sue parole risuonavano come un atto di fiducia in Dio e nel futuro che avrebbe regalato al mondo e alla chiesa.
In queste poche frasi c’è tutto Karol Wojtyla, un uomo che ha percorso le vie degli uomini portando con sé la novità del Vangelo. Un uomo del ‘900 che ha saputo condurci dentro il nuovo millennio.

“Questa mia Enciclica ha voluto guardare al passato, ma soprattutto è protesa verso il futuro. Come la Rerum novarum, essa si colloca quasi alla soglia del nuovo secolo ed intende, con l’aiuto di Dio, prepararne la venuta.
La vera e perenne «novità delle cose» in ogni tempo viene dall’infinita potenza divina, che dice: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Queste parole si riferiscono al compimento della storia, quando Cristo «consegnerà il regno a Dio Padre …, perché Dio sia tutto in tutti» (1 Cor 15,24.28). Ma il cristiano sa bene che la novità, che attendiamo nella sua pienezza al ritorno del Signore, è presente fin dalla creazione del mondo e, più propriamente, da quando Dio si è fatto uomo in Gesù Cristo e con lui e per lui ha fatto una «nuova creazione» (2 Cor 5,17; Gal 6,15).
Nel concludere, ringrazio ancora Dio onnipotente, che ha dato alla sua Chiesa la luce e la forza di accompagnare l’uomo nel cammino terreno verso il destino eterno. Anche nel terzo Millennio la Chiesa sarà fedele nel fare propria la via dell’uomo, consapevole che non procede da sola, ma con Cristo, suo Signore. È lui che ha fatto propria la via dell’uomo e lo guida anche quando questi non se ne rende conto.
Maria, la Madre del Redentore, la quale rimane accanto a Cristo nel suo cammino verso e con gli uomini, e precede la Chiesa nel pellegrinaggio della fede, accompagni con materna intercessione l’umanità verso il prossimo Millennio, in fedeltà a Colui che, «ieri come oggi, è lo stesso e lo sarà sempre» (cf Eb 13,8), Gesù Cristo, nostro Signore, nel cui nome tutti benedico di cuore”. 

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