In molti, soprattutto ieri, mi avete chiesto se fosse il caso di far girare l’appello per il recupero degli spazi del vecchio ospedale di Legnano per la realizzazione di nuovi posti d terapia intensiva in alternativa al progetto dell’ospedale da 500 posti nei padiglioni di Fiera Milano. Ho considerato con grande attenzione la proposta, così come la questione della Fiera. Provo a spiegarvi che cosa ho capito, senza la pretesa di dettare alcuna linea di azione.
Il recupero di strutture dismesse per destinarle a terapia
intensiva risulta particolarmente problematico per questioni di carattere
tecnico. Altro è il pensare di dedicare queste strutture (vecchio presidio di
Legnano compreso) al ricovero di pazienti che siano usciti dalla terapia
intensiva o che, risultando ancora positivi, siano in attesa di essere dimessi.
In queste settimane si sono già attivati circa 300 nuovi posti di terapia
intensiva, con un sforzo immane da parte dei singoli ospedali che hanno fatto
davvero tutto il possibile. Si parla moto dei 14 posti in più al San Raffaele,
ma non è un caso isolato: al San Carlo sono stati attivati 16 posti (e altri 16
potrebbero arrivare settimana prossima), al San Matteo di Pavia 14 posti e
altri ne arriveranno a breve. Stessa cosa è accaduta a Cremona, Brescia,
Bergamo e anche in piccoli ospedali come Codogno, dove le terapie intensive
sono passate da 7 a 22.
Bisogna continuare su questa strada anche nei prossimi giorni, visto che la
Protezione Civile aveva garantito l’arrivo di circa 190 apparati per la respirazione
entro fine marzo. Per realizzare un posto di terapia intensiva non basta l’apparato
per la respirazione, ma è il macchinario oggi più difficile da reperire.
Veniamo all’ospedale in Fiera. Fontana era partito
promettendo 500 posti in una settimana. Nei giorni scorsi si è passati a 400
posti in 10 giorni per quanto riguarda la struttura e un’ulteriore settimana
per gli apparati tecnico medicali.
Ieri, dopo l’arrivo di Guido Bertolaso, la situazione è cambiata ulteriormente.
I posti sembrano ulteriormente calati, forse a 200 o giù di lì, anche perché si
sono esaminati almeno tre problemi: il fabbisogno di personale (per 500 posti non
si poteva ragionare con meno di 1000-1500 persone), la necessità di avere tutto
ciò che l’emergenza urgenza richiede (una terapia intensiva non può essere
isolata da altri servizi e specialità ospedaliere).
Credo sia un’ottima notizia che il progetto di ospedale in Fiera Milano entri a
far parte della rete nazionale di emergenza Cross della Protezione Civile e che
venga dimensionato secondo criteri di efficienza e sostenibilità. E’ un
progetto per l’Italia e solo così potrà essere realizzato. Se vuole essere una
prova di forza della Lombardia contro il governo, credo sia destinato a
fallire. Il fatto di aver inserito il progetto nella rete nazionale coordinata
dalla Protezione Civile permetterà anche di reperire in modo più semplice il
tanto personale necessario al funzionamento di quello che deve essere un vero e
proprio ospedale di emergenza e non un semplice reparto di terapia intensiva.
Non dimentichiamoci però dell’emergenza in corso in diverse
zone della Lombardia, con particolare attenzione, ora, a Bergamo e Brescia.
I macchinari in arrivo dalla Protezione Civile in questi giorni vengano
utilizzati per rafforzare i presidi ospedalieri della regione e si recuperi,
con uno sforzo specifico aggiuntivo e straordinario, tutto ciò che serve per l’allestimento
dell’ospedale in Fiera. I soldi ci sono, il problema è reperire macchinari su
un mercato mondiale ormai bloccato e avere personale senza sguarnire gli altri
ospedali.
Grazie Fabio per i chiarimenti in merito all’ oggetto.
Concordo con te sul fatto che sia importante che;
– l’ ospedale di Fiera Milano, sia un progetto per l’ Italia
– sia stato inserito nella rete nazionale coordinata dalla Protezione Civile.
Ciao Roberto