Imparare a stare a casa. Può sembrare un paradosso, ma non è così facile. Eppure abbiamo a disposizione strumenti che rendono la nostra permanenza casalinga tutto meno che un isolamento dal mondo. Nonostante questo, ci sentiamo isolati, costretti a cambiare abitudini che ci parevano banali e che scopriamo essere costitutive della nostra identità di cittadini. Se lo stare in casa, fino a qualche settimana fa, era considerata un’azione individualistica, oggi è diventata improvvisamente un’azione fortemente sociale e altruistica.
Dobbiamo riprogrammare le nostre giornate e possiamo farlo solo con scelte consapevoli, che ci tolgano di dosso l’impressione di non poter fare quello che vogliamo e di essere limitati nella nostra libertà.
Se la nostra mente vaga pensando a quello che avremmo potuto fare, finiamo per intristirci e viviamo un tempo sospeso, che ci sembrerà non passare mai.
Se, al contrario, riusciamo a leggere il maggior tempo da passare in casa come un’opportunità per riprendere in mano la nostra vita quotidiana in modo diverso, il tempo che abbiamo a disposizione non verrà sprecato.
C’è una legittima ansia per la nostra salute e il miglior favore che possiamo fare a noi e agli altri è di limitare al massimo i contatti sociali.
C’è preoccupazione anche per il futuro, soprattutto per le conseguenze economiche che lo stop forzato di molte attività potrà portare, ma dobbiamo avere fiducia nella possibilità che vengano messi in campo strumenti di sostegno per tutti coloro che andranno in difficoltà. Non è facile abbandonare l’idea che tutto dipenda solo dal nostro impegno e dalla forza che personalmente riusciamo a mettere in campo per prevalere e arrivare prima degli altri. In questo tempo di sospensione queste regole non valgono più: dobbiamo riscoprire la necessità di sentirci dipendenti da ciò fanno gli altri e di avere fiducia nel fatto che le istituzioni che ci governano (a livello politico ed economico) daranno risposte adeguate.
Scoprendoci limitati e vulnerabili come singoli di fronte al virus, possiamo riscoprire la forza delle risposte che possiamo dare assieme.
Non dimentichiamo anche chi vorrebbe stare a casa, ma non può farlo perché è chiamato a svolgere un servizio essenziale. Auspico che le attività non essenziali possano essere ridotte, nel frattempo, il nostro isolamento responsabile può aiutare anche chi è chiamato a lavorare per noi.