2019: un anno “incompiuto”

31 Dicembre 2019 di fabio pizzul

Quale potrebbe essere un aggettivo adeguato per definire il 2019 che sta finendo?
Ripensando a quanto è accaduto negli ultimi 12 mesi, scelgo di puntare sull’aggettivo “incompiuto”.
Il 2019 è stato, infatti, portatore di più di una novità che non siamo riusciti, ancora, a portare a compimento.

Faccio alcuni esempi a diversi livelli.
In politica, a livello nazionale, c’è stata una grande novità, dovuta al suicidio istituzionale di Salvini. Da lì è nato un nuovo governo che avrebbe dovuto portare a una nuova prospettiva politica, di medio lungo periodo. Qualche novità c’è stata, come dimostrano diverse misure almeno accennate nella Finanziaria 2020, ma è ancora presto per parlare di autentica svolta politica. Un passaggio incompiuto, dunque.
Anche a livello europeo ci sono stati segnali di cambiamento dopo le temute elezioni europee. La scelta di Ursula Von der Leyen come presidente della Commissione è un segnale interessante, così come il programma da lei declinato all’insegna del lavoro, dell’ambiente e dello sviluppo, credo sia altrettanto interessante, ma il ritmo lento con cui la Commissione è partita mi permette di utilizzare anche in questo caso l’aggettivo “incompiuto”-
Credo sia incompiuto anche il percorso del Partito Democratico che, dopo le primarie che hanno affidato la segreteria a Nicola Zingaretti, è sì meno litigioso, ma ha perso dei pezzi e non riesce ancora a proporsi come titolare di una proposta politica chiara, comprensibile e competitiva. Un PD incompiuto.
A livello economico, la resistenza di diverse zone e settori del nostro Paese non è ancora riuscita a contagiare un sistema che ha troppe sacche di arretratezza. Anche in campo economico, il 2019 è un anno incompiuto.
A livello sociale, i segnali di vitalità non sono mancati, faccio solo gli esempi delle piazze dei Friday for future e delle Sardine, ma sono ancora segnali isolati, che non sono riusciti a contagiare una società italiana ancora bloccata da un diffuso timore del futuro. Un cambiamento, insomma, ancora bloccato e confinato a poche realtà attive. Mi fermo qui con gli esempi e finisco con un augurio per l’ormai vicinissimo 2020.
Auguro a tutti noi che possa essere un anno in cui ci potremo prendere cura delle fragilità, a tutti i livelli, per restituire al nostro Paese fiducia nelle sue grandi potenzialità.

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