

50 anni fa, il 15 dicembre 1969, Milano si fermava per un triste estremo saluto alle 17 vittime della strage. Circa 300mila milanesi si strinsero attorno al Duomo e fermarono, con il loro dolore composto, qualsiasi tentazione di svolte autoritarie. Una testimonianza religiosa e civile insieme. La piazza di oggi e quella di 50 anni fa sono visibilmente diverse: al grigio plumbeo del giorno dei funerali fa da contrappunto la luce sfavillente di una Milano che pare aver sostanzialmente dimenticato quegli anni bui. Di luce ha parlato nella sua omelia anche l’Arcivescovo Delpini.
Monsignor Delpini, ha voluto celebrare nello stesso Duomo una Messa di suffragio per le vittime, alla presenza dei familiari e delle rappresentanze delle istituzioni, i gonfaloni per Città Metropolitana e Regione, gonfalone e vicesindaco Anna Scavuzzo per il Comune di Milano.
Nell’omelia l’Arcivescovo ha parlato della strage di Piazza Fontana come di un dramma irrimediabile: “le vittime di piazza Fontana hanno prodotto una ferita che non si può guarire, una perdita che non si può risarcire. La nostra vicinanza ai parenti delle vittime, le parole di condoglianze e di solidarietà sono sempre una forma palliativa, un conforto patetico”.
La cieca violenza di chi colpisce vittime innocenti è, secondo Delpini, un enigma insolubile: “l’intelligenza, gli affetti, la capacità di iniziativa e di organizzazione si sono immersi nelle tenebre di una notte cupa, impenetrabile”.
Eppure il periodo che abbiamo definito “notte della Repubblica”, “anni di piombo”, ce lo siamo lasciati alle spalle. Se questo è avvenuto, ha sottolineato monsignor Delpini, è perché qualcuno si è fatto carico del dramma ed è riuscito ad andare oltre.
A chi, attonito, ha innalzato a Dio una domanda: “dov’eri tu quando la mano omicida depositava la bomba?”. Dio, secondo l’Arcivescov, risponde: “ero sulla croce, sono sulla croce, accendo la luce che illumina ogni uomo”.
Gesù, per chi crede è la luce che illumina le tenebre e offre una risposta all’enigma del dolore.
Ancora Delpini: “Così procede la storia, così vive la speranza: abitano la terra i figli della luce. È ancora notte, ma una notte in cui ci siamo sorpresi, una notte abitata da uomini e donne figli della luce, dediti al dovere, amici della democrazia, servitori dello Stato. Uomini e donne di ogni parte, di ogni partito, di ogni livello di responsabilità, figli della luce, hanno lavorato hanno sofferto, hanno pagato a caro prezzo la loro fedeltà alla parola data, al compito assegnato. Per questo si considerano conclusi gli anni di piombo, perché i figli della luce hanno abitato a Milano e in questo nostro paese”.
Il testo completo dell’omelia di mons. Mario Delpini
L’accostamento delle due immagini della piazza credo possano suggerire proprio l’idea di una luce che può superare le tenebre e aprire una prospettiva nuova. Ma la memoria va conservata per far sì che non tornino le tenebre, sempre in agguato, in forme che spesso evocano un passato che non vorremmo certo tornasse.