
Il cammino verso il regionalismo differenziato riprende vigore. Ieri il ministro Francesco Boccia ha ottenuto l’assenso unanime sulla bozza di legge che stabilisce criteri, passi e percorso per concedere maggiore autonomia alle regioni. Oggi il ministro è venuto a trovarci in Lombardia:ne è nato un confronto utile e concreto.
Il ministro ha ricostruito il percorso fatto in questi tre
mesi di governo, precisando di aver
girato tutta Italia per incontrare i presidenti di regione e capire le loro
richieste.
Il percorso immaginato dal governo gialloverde, che prevedeva una libera
trattativa tra le regioni interessate e il governo, ha spiegato Boccia, è
imploso prima ancora di cominciare.
Le tante promesse sono andate in tilt perché al tavolo convocato dal primo
governo Conte non si è seduta nessuna regione del Sud, visto che il modello
basato sulla pesa storica non poteva essere accettato.
A maggio del 2019 è poi saltato anche il confronto tra Veneto, Lombardia,
Emilia Romagna e governo: non c’erano elementi concreti su cui lavorare e il
mancato coinvolgimento del Parlamento ha decretato la frattura finale. Come se
non bastasse, erano arrivato rilievi molto critici da vari ministeri, compresi
quelli a guida leghista, segno del fatto che molte delle richieste delle
regioni si ponevano al limite o al di fuori del solco tracciato dalla
Costituzione.
Il ministro Boccia ha sottolineato come mancasse una regia generale sul
percorso e non fosse stato depositato alcun atto ufficiale del percorso
intrapreso, tanto che ha dovuto arrivare il nuovo governo perché si mettessero
agli atti le considerazioni dei vari ministeri e i documenti scritti fino ad
allora.
Con la formazione del secondo governo Conte si è dunque ripartiti con la
consapevolezza che il percorso verso l’autonomia non è libero, ma deve
rispondere a precise regole stabilite dalla Costituzione, a partire dalle norme
finanziarie e dalla necessaria perequazione tra le regioni, come recita l’articolo
119 della Costituzione stessa.
Boccia ha precisato come il suo lavoro di questi mesi abbia avuto come
principio cardine il fatto che non si debba sostituire al centralismo statale
un centralismo regionale. Per questo, devono giocare un ruolo fondamentale gli
enti locali, con in testa le città metropolitane, vero motore di sviluppo del
Paese.
Se la proposta precedente partiva dalla spesa storica per giungere, non prima
di tre anni alla definizione dei Livelli Essenziali di Prestazioni (LEP) che
riguardano materie come sanità, scuola e trasporto pubblico, l’idea dell’attuale
governo è di partire proprio dai LEP, per garantire che tutte le regioni siano
in grado di offrire servizi adeguati ai propri cittadini.
Secondo il ministro, una volta che il Parlamento avrà approvato la legge che
stabilisce la procedura da seguire, si potrà siglare le preintese con le
regioni interessate e da lì ci sarà un anno di tempo per definire i LEP. Nel
frattempo, le competenze non regolate dai LEP potranno già passare alle
regioni.
Argomenti molto tecnici, che i non addetti ai lavori avranno qualche difficoltà
a comprendere, ma il succo della questione è uno solo: grazie al PD l’autonomia
da elemento di divisione sta diventando un’opportunità per offrire a tutte le
regioni la possibilità di erogare servizi migliori per i propri cittadini.
Il percorso sarà lungo e graduale, ma il ministro Boccia già lunedì porterà in
Consiglio dei Ministri la proposta di legge da inoltrare al Parlamento. Se ci
sarà, come auspico, una condivisione politica tra le forze di maggioranza, il
provvedimento potrebbe essere esaminato dal Parlamento entro qualche settimana.
Personalmente auspicherei che venisse inserito nel Collegato al Bilancio e
approvato, quindi, entro il mese di dicembre, ma temo di essere un po’ troppo
ottimista.
Complimenti, comunque al ministro Boccia per il lavoro fatto in soli tre mesi:
in questo percorso c’è tutta la differenza tra propaganda e concretezza
istituzionale.