
Esiste la possibilità di promuovere vie legali e sicure per
l’ingresso di immigrati in Italia e in Europa?
Caritas Italiana sostiene di sì e lo prova con un documentato rapporto sui
corridoi umanitari la cui prima edizione è stata presentata questa mattina nell’Aula
Magna dell’Università Cattolica alla presenza, tra gli altri, dell’arcivescovo
di Milano mons. Delpini.
L’esperienza dei corridoi umanitari nasce in Italia nel
dicembre 2015 grazie a un accordo sottoscritto tra Ministero degli Esteri e
della Cooperazione Internazionale, Ministero dell’Interno, Comunità di Sant’Egidio,
Federazione delle Chiese Evangeliche e Tavola Valdese. L’accordo, che ha visto
anche la collaborazione di Caritas Italiana, ha permesso a 1000 persone di
entrare in Italia regolarmente, un gruppo proveniente dal Libano e il grosso
dall’Eritrea. Il 7 novembre 2017 l’accordo è stato prorogato e prevede la
possibilità di trasferire altre 1000 persone tra il 2018 e il 2019 da Libano e
Marocco.
Una goccia nel mare dell’immigrazione, ma un modello sostenibile e replicabile
su ci vale la pena puntare.
Esistono, in realtà, si legge nel rapporto, diverse vie legali e sicure per
gestire l’immigrazione, ma non vengono quasi mai valorizzate. Si tratta dei
ricongiungimenti familiari, dei visti umanitari e di studio, di reisediamento e
ricollocazione, della “full community sponsorship (che funziona in Gran
Bretagna e soprattutto in Canada), ma c’è quasi l’impressione che non vengano
considerati strumenti utili a creare consenso e, per questo, non vengono
utilizzati. Basti pensare alla pessima figura degli stati europei su una misera
redistribuzione dei richiedenti asilo promossa dalla Commissione Europea.
La sensazione che non si voglia davvero affrontare il problema delle migrazione
è diversa da diversi interventi di questa mattina, tanto che il direttore di
Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti ha confessato di aver sempre avuto la
sensazione che l’intero fenomeno sia stato volutamente mal gestito creando così
allarme sociale e rinunciando ad analizzarlo tenendo conto della grande complessità
dei movimenti migratori.
Mons. Delpini, da parte sua, ha stigmatizzato l’eccessiva genericità di molti
appelli all’accoglienza, che non favoriscono soluzioni concrete e pragmatiche.
Il fenomeno migratorio rischia così di venir colpevolmente ridotto a qualche
aspetto emotivo che può favorire valutazioni allarmistiche e illegittime di un
fenomeno che va visto in modo più ampio. Secondo l’Arcivescovo, c’è una
confusione voluta perché il fenomeno migratorio risulta così più utile per
manovrare emozioni rimanendo ben lontani dalla necessaria riflessione su idee per il futuro dell’Italia e dell’Europa.
I migranti, ha continuato Delpini, sono persone concrete che vivono in
condizioni di emergenza ed è per questo necessario attivare forme di gestione immediata
del fenomeno, ma non ci si può fermare lì: dobbiamo interrogarci su quale ide
di società vogliamo costruire. In questi percorsi, i migranti non possono
essere solo destinatari di forme di assistenza, ma devono essere coinvolti
nella costruzione delle comunità che li ospitano. Il nostro futuro si deve
costruire “con” loro.
Il rapporto e diverse interessanti schede sono consultabili sul sito di Caritas Italiana.