Qualche piccolo spunto di cronaca dalla mia prima Assemblea nazionale PD.
L’ho vissuta in ultima fila, sia logisticamente, ero davvero seduto in fondo alla cladissima e troppo piccola sala dell’Hotel Ergife, sia psicologicamente, dato che i giochi si sono fatti altrove e in sala sono arrivati solo lontani echi di trattative, come al solito, non sempre cordiali e lineari.
Arrivato per tempo all’Ergife, dopo viaggio quasi solitario su Freccia Rossa delle 6.08, ho passato oltre mezz’ora in coda per l’accredito. Di seguito ho partecipato a una riunione della mozione Martina con Maurizio che ha ringraziato tutti per il percorso, ha ribadito (almeno così ho intuito, visto che in fondo non si sentiva quasi nulla, la scelta di lealtà al segretario e il pieno sostegno alla candidatura di Gentiloni alla presidenza dell’assemblea. Sui vice e la composizione della direzione nazionale bisognava ancora attendere. Matteo Richetti seduto al tavolo da cui ha parlato Martina, ha seguito in silenzio e accompagnato con applausi l’intervento dell’ex segretario.
Inno d’Europa, inno d’Italia, ricordo delle vittime delle moschee di Christchurch in Nuova Zelanda e parola a Del Moro per la proclamazione dell’esito delle primarie. Tutti in piedi per la proclamazione di Zingaretti.
Discorso del segretario. Maniche di camicia e cravatta a causa del caldo. Ben presto grondante, con relative pessime pezzature su camicia azzurra (soffrivo per lui…). Discorso letto, senza modulazioni particolari e senza costruzioni retoriche efficaci. Un maligno vecchio marpione di lungo corso diessino mi ha sussurrato di aver riconosciuto passaggi del discorso che Nicola aveva fatto al suo esordio da segretario della sinistra giovanile.
Eloquio un po’ datato, ma grande equilibrio di Zingaretti nel non far sentire nessuno escluso e nell’offrire a ciascuna componente modo di riconoscersi in qualche passaggio o citazione. Richiamo dell’orgoglio della sinistra che non deve chiudersi, ma mettersi al servizio del Paese lasciando ampio spazio ai corpi intermedi. Operazione ricucitura iniziata e giá in fase avanzata.
Temi cari alla sinistra tutti presenti, attenzione al mondo cattolico, plurime citazioni per Greta e i giovani scesi in piazza per il clima, disponibilità a un percorso europeo da Tsipras a Macron con un grazie a Pisapia per la disponibilità e una mano tesa a Calenda per un percorso più largo.
Zingaretti è stato ben attento a non dimenticare nessuno, citando persino Renzi, come colui che ha portato il PD tra i socialisti europei (non so se sia proprio il gesto per cui il senatore voglia essere ricordato).
Zingaretti, dunque, bravo, anche se non proprio brillante e coinvolgente. Ma questo è probabilmente quello che serve oggi al PD.
Voto per il presidente benedetto da un accordo che non è stato condiviso da Giachetti (86 astenuti), così come quello per il tesoriere Zanda e le vicepresidenti Serracchiani e Ascani. Dibattito.
Primo intervento per Giachetti, polemico nel sottolineare i punti di disaccordo e quasi petulante nel promettere un’atteggiamento da minoranza che non farà sconti. L’astensione dei suoi su Gentiloni presidente è segno di diffidenza più che di posizionamento politico.
Secondo intervento per Martina, che ha ribadito lo spirito unitario (non può valere solo se vinci) e chiesto di non disperdere il patrimonio di partecipazione accumulato; apprezzamento per il pluralismo promesso da Zingaretti e richiesta di un percorso condiviso per rilanciare davvero il partito.
Gli altri interventi, purtroppo, si sono svolti di fronte a un’assemblea provata dal caldo e distratta dell’attesa della quadratura sulla composizione della direzione nazionale.
Segnalo che il primo intervento è toccato ad Anna Zambon, giovane amica di Gallarate, che ha voluto portare la voce dei giovani scesi in piazza venerdì per il clima. Poi nomi noti e non con qualche aspirante candidato europeo, da Pinotti a Maiorino, il comitato veronese contro il convegno sulla famiglia e altri che però mi sono un po’ perso perché il Freccia Rossa per il ritorno mi attendeva alla stazione Termini (una prenotazione tardiva mi ha costretto a una partenza anticipata).
Che dire in conclusione?
Tutto sommato un buon clima, con qualche commento polemico di
area giachettiana, ma voglia di andare avanti e mettere alla prova Zingaretti.
Zingaretti promosso, non a pieni voti, ma la sufficienza c’è
tutta: ha parlato molto all’interno del partito e alla sinistra smarrita, vedremo
se sará in grado di parlare al Paese. La grande apertura ai corpi intermedi non
può che far bene.
Entusiasmo nella mozione Zingaretti; serrate le fila un po’
polemico dalle parti di Giachetti; ancora sospesa la mozione Martina. Mondo
renziano in cerca di ricomposizione?
Le distribuzione dei posti in direzione fotografa equilibri
derivanti dal voto delle primarie, recupera tutte le anime presenti nelle mozioni
e moltissimi nomi noti. L’attenzione al mondo cattolico, più volte ribadita
nell’intervento di Zingaretti, non so quanto riscontro effettivo abbia nella
composizione della direzione, ma è un’impressione da verificare. A Richetti
toccano, di fatto, tre posti; pochini rispetto al movimento creato durante il
percorso delle primarie.
Si riparte. Verso amministrative, europee ed oltre, con la
sensazione che il PD sia tornato all’interno dei radar del sistema mediatico e
del dibattito pubblico. Vedremo quanto questo conterá in termini elettorali. I
prossimi due mesi sono fondamentali. E non solo per il PD.
Mille e trecento o più, anche se è assemblea generale sono tanti(troppi) se poi, vedi l’incipit; a scegliere sono pochi efuori assemblea. VCosì non si può andare molto lontano.
Già il milione e otto al voto si sta perdendo… e le europee son tra due mesi.
auguri
. mario da cassano
Marina e Richetti, che non hanno assolutamente polemizzato e sono apparsi subito collaborativi, rivestiranno un ruolo fondamentale nel direttivo? Ritengo inoltre fuori luogo la polemica di Giachetti; serve coesione e non divisione.
La coesione si fa sulle idee, quindi esprimere disaccordo in maniera pubblica e trasparente non è solo sano è doveroso!