Lo sport al femminile in Lombardia fa parlare di sé per le tante vittorie che riesce ad ottenere, ma fa un’enorme fatica a sopravvivere. I tassi di abbandono delle ragazze nei primi anni delle superiori sono enormi e i bilanci delle società sportive dilettantistiche (visto che di professionismo al femminile non si parla proprio) sono sempre molto precari. Lo sport al femminile, anche nella regione che apparentemente sta meglio in Italia, vive dunque una vita precaria e incerta. Proviamo a dare un segnale.
Tento di farlo con una mozione che verrà discussa martedì prossimo in Consiglio regionale e che ha raccolto il consenso di diverse consigliere di gruppi di minoranza e maggioranza.
L’idea è semplice e, spero, facile da attuare: chiedere alla Giunta che, nei bandi per la distribuzione di risorse sullo sport, vengano inseriti dei criteri di premialità per lo sport al femminile.
Faccio due esempi per essere più chiaro.
La “dote sport”, che garantisce circa duecento euro alle famiglie che iscrivono i figli minori a corsi sportivi o ad associazioni sportive dilettantistiche, per la stragrande parte va ai maschietti, con solo poche ragazze che finiscono per ottenerla. Logico, potreste obiettarmi, sono molto di più i maschi che fanno sport in Lombardia: ebbene, dare un segnale di attenzione e di sostegno alle ragazze che fanno sport può essere un modo per invertire la tendenza.
Un secondo canale di finanziamento regionale attivo in questi anni è il bando per le società sportive dilettantistiche. Anche in questo caso, fanno man bassa le società al maschile, con buona pace delle realtà che fanno una gran fatica a promuovere lo sport rosa.
Non saranno certo i pochi fondi che la regione mette a disposizione a risolvere l’annosa questione della promozione dell’attività sportiva per le ragazze, ma la politica può cominciare a dare un segnale per smuovere una situazione che non funziona come potrebbe e dovrebbe.
A ruota, speriamo si muovano anche la scuola (lì si che servirebbe una vera scossa per far sì che le ragazze facciano sport e non lo abbandonino) e un’opinione pubblica che fa fatica a considerare lo sport femminile come un patrimonio da difendere e promuovere. Siamo tutti pronti a gioire per le vittorie della Pellegrini, di Bebe Vio o per le discese della Goggia, ma non ci preoccupiamo di far sì che ci sia un movimento di base in salute per scovare altre future campionesse o anche solo (si fa per dire) per fare in modo che le nostre ragazze e le future donne possano vivere meglio.