In queste ultime ore di campagna elettorale in vista del referendum di domenica, credo sia opportuno cominciare ad interrogarsi sul dopo. Non tanto per scrutare nella sfera di cristallo e provare a indovinare la sorte del governo Renzi, quanto per mettere a tema quelli che saranno i temi da affrontare per favorire una crescita delle nostre istituzioni.
Rilancio, a questo scopo, un documento elaborato nell’abito dell’associazione Argomenti 2000.
Ribadisco l’opportunità del SI’ al referendum per iniziare questo cammino.
Nel caso di vittoria del NO sarebbe tutto più complicato e, con buona pace di chi sostiene che si potrà aprire una stagione di nuovo dialogo e confronto, si accrescerebbe inevitabilmente il livello dello scontro politico perdendo di vista i passi avanti fatti in questi ultimi mesi.
Argomenti 2000, nell’introdurre il documento che vi propongo, aveva parlato della necessità di “un supplemento di responsabilità, a partire da uno sforzo in termini di onestà intellettuale e passione civile, di tensione alla costruzione del bene comune possibile”.
Credo che questa responsabilità possa passare anche dalla scelta del SI’.
Una premessa. I temi di condivisione
Riteniamo pienamente condivisibili gli obiettivi di fondo della riforma costituzionale sottoposta a referendum. Anzi, siamo ben consapevoli che di ipotesi di revisione di alcune tra le principali questioni interessate dalla riforma, si discute, da tanto, troppo tempo, e in alcuni casi già dall’Assemblea costituente. E proprio la circostanza degli innumerevoli fallimenti di revisione della Costituzione accumulati nel tempo – si pensi soltanto all’esperienza di tre Commissioni bicamerali – contribuisce a spingerci a ragionare in chiave costruttiva.
In tal senso, nel merito, alcuni temi ci appaiono di particolare rilevanza:
• il superamento del bicameralismo paritario e la riduzione del numero dei parlamentari per il Senato della Repubblica, e la trasformazione dello stesso in organo di rappresentanza della dimensione territoriale (regionale e locale);
• la razionalizzazione della forma di governo parlamentare, anche attraverso la previsione di maggior ruolo del Governo in Parlamento, l’accelerazione del procedimento di decisione politica, anche di iniziativa governativa, attraverso il meccanismo del voto “a data certa”; e allo stesso tempo, condividiamo la limitazione costituzionale dell’utilizzo del decreto legge, nonché la previsione di uno statuto delle opposizioni – profilo, questo, su cui si rende però indispensabile un serio lavoro attuativo, dato che la disciplina del citato statuto è rinviata al regolamento parlamentare di cui diciamo più avanti. Certo, già questa riforma introduce, immediatamente applicabile, senza bisogno di ulteriori norme attuative, un forte strumento di garanzia per le opposizioni parlamentari. La riforma interviene, infatti, sui compiti della Corte costituzionale, stabilendo che la Consulta si pronunci in via preventiva sulla legittimità costituzionale delle leggi che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, se adita con ricorso motivato sottoscritto da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o da almeno un terzo dei componenti del Senato. Il giudizio deve chiudersi entro 30 giorni dal ricorso;
• la valorizzazione delle forme di partecipazione dei cittadini all’attività legislativa, a partire dalla previsione di ulteriore ipotesi di un quorum di validità del referendum abrogativo, in quanto agganciato alla partecipazione dei cittadini alle ultime votazioni della Camera; e ancora, in questo ambito, l’introduzione del principio costituzionale della presa in esame nel merito delle iniziative legislative popolari, affinché le stesse non restino relegate – come ha dimostrato l’esperienza – nel cassetto di qualche Commissione parlamentare. Anche questo profilo interpella un impegno attuativo, perché la disciplina è rinviata, anche in questo caso, al Regolamento parlamentare; ragionamento simile si pone anche quanto alla previsione di nuovi istituti di democrazia diretta – come referendum propositivi o di indirizzo, e nuove forme di consultazione – ma ancora in questi due casi si apre uno spazio di impegno particolarmente oneroso, trattandosi di istituti indicati nel testo di revisione, ma rimessi a leggi costituzionali;
• il graduale accentramento delle competenze in capo allo Stato – accentramento che, pur ponendosi in linea con quanto indicato dalla Corte costituzionale nel corso del tempo – suggerisce di valutare modifiche ulteriori per meglio bilanciare il riparto di alcune materie tra lo Stato e le Regioni, oltre che il raccordo, quanto al nuovo Senato e al regime delle rispettive competenze, con le Conferenze e con gli snodi istituzionali di negoziazione degli interessi, su cui è importante intervenire.
Pur nella condivisione dell’impianto della riforma, vanno considerate alcune criticità su cui si potrà intervenire nella fase attuativa attraverso proposte che segnaliamo fin d’ora. Tra le criticità segnaliamo:
• il tema delle modalità di elezione, dunque la fisionomia del nuovo Senato. Il legislatore, mettendo comunque a riparo la funzionalità del sistema costituzionale con una necessaria disciplina transitoria immediatamente applicabile ha scelto, a seguito di una faticosa negoziazione, di lasciare aperta, alla legislazione elettorale successiva, la disciplina di questo meccanismo. La nostra preoccupazione è che il nuovo Senato possa riuscire davvero a fare sintesi, già sul piano di una equilibrata rappresentanza, tra le istanze regionali (provenienti dai Consigli regionali) e locali (provenienti dai Comuni), e dunque non assuma i caratteri di un organo subordinato; esso può e deve essere un organo diverso rispetto alla Camera, ma di pari dignità sul piano del funzionamento costituzionale, in linea con l’intervento – opportuno e del tutto condivisibile – di superamento dell’attuale doppione Camera-Senato; va evitato per tanto in tutti i modi che si riproduca il contenzioso Stato/Regioni in riferimento alla cosiddetta legislazione “concorrente”.
• il rischio di un eccessivo rafforzamento delle prerogative del Governo, senza un adeguato bilanciamento del ruolo delle minoranze e dei procedimenti a tutela delle stesse; se l’adozione della nuova legge elettorale per la Camera (“Italicum”), di tipo maggioritario, e la riforma della Costituzione operano un rafforzamento della maggioranza politica che assume la responsabilità dell’indirizzo politico, occorre operare per introdurre, in una dialettica democratica avanzata e competitiva, certo, ma anche sanamente equilibrata, efficaci strumenti di garanzia (a partire dall’attuazione del citato statuto delle opposizioni e da un maggior ruolo dei contro-poteri: dalla partecipazione dei cittadini a quella dei governi territoriali, agli organi di garanzia);
• rischi di un diverso neocentralismo o di forme di dirigismo nei rapporti con le autonomie territoriali, con la conseguenza di produrre un ridimensionamento del quadro autonomistico vigente e dei poteri legislativi delle Regioni ordinarie, a fronte di un rinvio sine die per la revisione delle “particolari condizioni” (soprattutto finanziarie) delle Regioni speciali e delle Province autonome;
Le proposte praticabili
Appare quindi opportuno, anche per allargare il consenso verso la riforma, prendere in considerazione interventi e iniziative, che in qualche caso possono essere praticabili anche nella fase prereferendaria, mentre in altri sono collocabili nella fase di attuazione, per ridurre le criticità e favorire così la prospettiva della riforma.
In tal senso abbiamo lavorato nella direzione di offrire qualche indirizzo di implementazione o di vincolo e nel formulare qualche proposta che potrà risultare utile in sede attuativa.
• definizione di una ipotesi di legge elettorale per il Senato (prevista dall’u.c. art. 57), che ne garantisca la veste realmente rappresentativa delle istituzioni territoriali. In tal senso una soluzione utile potrebbe essere quella che sancisce che i sindaci siano eletti previa designazione dei Consigli delle autonomie locali previsti dall’articolo 123 della Costituzione;
• predisposizione di una bozza di nuovo regolamento del Senato, che prefiguri regole sul funzionamento e l’organizzazione interna coerenti con la sua veste di organo rappresentativo delle istituzioni territoriali, con soluzioni volte anche a stabilire raccordi operativi, pur nel rispetto del mandato libero dei senatori (da approvare all’indomani del referendum, se la riforma costituzionale sarà confermata, in modo da rendere possibile l’avvio concreto in tempi ravvicinati del nuovo ramo del Parlamento, ferma restando ovviamente la modificabilità ad opera del nuovo Senato);
• predisposizione di una bozza di modifiche al regolamento della Camera dei deputati, chiaramente per tutto quanto attiene al nuovo procedimento legislativo nel difficile raccordo con il Senato, nella individuazione specifica delle materie da collocare nei diversi procedimenti (ecc.), ma soprattutto nella prospettiva di dare attuazione al favor in materia di iniziativa legislativa popolare e allo statuto delle opposizioni (art. 64); il tema della tutela delle minoranze, in un quadro che opera un rafforzamento del potere della maggioranza, diventa prioritario e realizzabile;
• bozza di disegno di legge costituzionale (e di rispettiva disciplina attuativa ordinaria) su modalità e termini vincolanti per attuare i nuovi istituti di democrazia diretta previsti dall’art. 71, in particolare i referendum popolari propositivi e d’indirizzo, nonché altre forme di consultazione delle formazioni sociali;
• predisposizione di iniziative legislative immediate, già praticabili, anche a prescindere dell’approvazione referendaria della riforma, definendo procedure e tempi rapidi prefissati per la revisione degli statuti di Regioni speciali e Province autonome per eliminare ingiustificate disparità di trattamento, specie sul piano finanziario, prevedendo come vincolo di sistema l’applicazione del nesso tra funzioni attribuite e costi/risorse standard (art 119,IV).
Oltre la riforma delle istituzioni: la riforma della politica
In particolare, riteniamo che sia utile mettere al centro di una iniziativa legislativa il tema della democrazia interna ai partiti, nella prospettiva di restituire finalmente una piena attuazione a quel «metodo democratico» sancito nell’articolo 49 della Costituzione. Un tema di particolare rilievo, che si colloca in una linea di ideale continuità con la riflessione del cattolicesimo politico, è quella della riforma del partito politico. Non si tratta di un profilo immediatamente connesso al tema della revisione della Costituzione, ma una riflessione in questa sede su di esso può forse contribuire a valorizzare la prospettiva della riforma, dato che molti dei guasti cui si intende porre rimedio sono legati alla crisi della democrazia partecipativa e a quella dello strumento partitico.
• In tal senso, occorre puntare su una proposta di legge – sulla scorta di proposte già avanzate, tra cui il disegno di legge approvato in prima lettura alla Camera nel giugno scorso – che intenda regolare la vita interna del partito politico; in particolare, i temi della selezione trasparente e responsabile delle classi dirigenti dei partiti (es. primarie) o i temi collegati alla tutela delle minoranze nella dinamica partitica (tema diverso dallo statuto delle opposizioni richiamato nel progetto di revisione della Costituzione, ma che con esso può trovare un dimensione di coerenza) appaiono di particolare rilevanza e possono essere oggetto di regolamentazione.
Lo sguardo positivo sulla riforma, insieme alla preoccupazione espressa e la volontà di intraprendere un’azione che investe fin d’ora sulla fase attuativa, sono fondati sulla convinzione che sia necessario favorire e sostenere, anche per questa via, l’uscita del nostro Paese dalla fase di transizione e di crisi democratica. Ciò sarà possibile anche se, un numero esteso di cittadini, sarà aiutato ad individuare il vero oggetto del quesito referendario: il futuro della democrazia politica e la fisionomia stessa della Repubblica.