Perchè SALA è la scelta giusta per Milano

7 Giugno 2016 di fabio pizzul

I milanesi hanno dunque fatto la loro scelta.
O meglio, pochi milanesi hanno dato una loro indicazione su chi dovrà guidare la città nei prossimi 5 anni.
Un po’ tutti hanno perso voti rispetto alle elezioni del 2011, ma il centrodestra ne ha persi di meno riuscendo così a conquistare 5 municipi su 9 e a portare il proprio candidato Parisi a pochi voti dal candidato di centrosinistra Sala che, comunque, conclude il primo turno in vantaggio.
Ora si va verso il ballottaggio.
Ecco almeno sei motivi perché credo importante che vinca Beppe Sala.

Sala, in continuità con quanto accaduto in questi anni, ha in mente e lavorerà per una città più condivisa e partecipata, in cui i singoli possano sentirsi parte di un progetto comune in grado di costruire condizioni di sicurezza diffusa e un utilizzo condiviso degli strumenti che la stessa città offre.
Parisi, coerente con la cultura che lo esprime, fa appello agli individui e propone una città in cui i singoli possano massimizzare i propri interessi in termini di (presunta) sicurezza e di possibilità di usare la città a proprio piacimento.
C’è tutta la differenza possibile tra una città privatizzata (che semplifica la vita a chi ha risorse e lascia tendenzialmente solo chi non ne ha) e una città considerata come una bene comune da far crescere.

Sala riconosce i problemi ed evidenzia le strade possibili per gestirli, così come l’attuale Giunta ha fatto con i profughi arrivati negli ultimi due anni in decine di migliaia in stazione Centrale. Nell’assoluta e colpevole assenza della Regione, Milano si è sobbarcata tutta la fatica della gestione di un pesante afflusso che solo grazie al Comune e al Terzo settore non si è trasformato in emergenza per la città.
Parisi punta molto sul raccontare i problemi della città e nell’agitarli come spauracchio, assicurando di sapere come risolverli, ma si ferma lì: non una proposta concreta che una sui suoi cavalli di battaglia come stranieri e immigrazione. Non basta dire che non si vogliono gli immigrati o che devono arrivare solo quelli in regola: servono politiche vere per gestire il loro arrivo.
La Milano di Pisapia e Sala ha gestito con grande efficienza ed umanità l’arrivo dei profughi; la Milano di Parisi e Salvini avrebbe probabilmente urlato e umiliato chi veniva solo a chiedere un aiuto temporaneo.

Sala guarda in modo positivo ai possibili cambiamenti di Milano per affrontarli con prudenza e coraggio, invita non avere paura dei cambiamenti, anche perché questa è sempre stata una caratteristica peculiare della città, perdendola tradiremmo la sua anima.
Parisi tende ad assecondare chi, tra i partiti del centrodestra (Lega in testa), ha sempre guardato con sospetto a qualsiasi cambiamento agitato come un problema per una presunta identità da difendere e tutelare.
Anche in questo campo c’è la grande differenza tra una città che guarda avanti e una città che si chiude su se stessa.

Sala si è messo a disposizione di Milano per mettere a frutto la sua esperienza di manager provata anche dalla sfida di Expo, che lo ha visto valorizzare il sistema Milano in tutte le sue potenzialità. Per far questo è passato attraverso le primarie che hanno coinvolto oltre 60mila cittadini e mette Milano al centro del suo progetto di governo.
Parisi è stato scelto dai leader dei partiti del centrodestra come faccia moderata di una coalizione in crisi di identità e idee e alla ricerca di un rilancio nazionale. Per questo deve rendere conto ai mandanti di un progetto che serve per rilanciare il centrodestra e utilizza Milano come laboratorio politico nazionale a costo di mettere in secondo piano gli interessi dei milanesi.
Qui c’è tutta la differenza tra un progetto per la città e una strategia che sfrutta la città.

Sala guida una coalizione che fa della partecipazione e del coinvolgimento dei cittadini e del territorio una delle proprie ragioni d’essere. Lo stile di Sala è parso chiaro anche in campagna elettorale: ascolta tutti e poi decide.
Parisi deve giustificare continuamente le posizioni delle forze politiche che lo sostengono, facendosi garante di una moderazione che non esiste nei fatti. Il modo di procedere di Parisi in campagna elettorale è stato evidente: accentro e decido, nascondendo possibili imbarazzi e scivolate dei miei.
Proiettate questa diversità di stile sulla gestione di Palazzo Marino e immaginate quale differenza potrà esserci tra i due nella gestione di Milano: trasparenza e partecipazione contro accentramento e opacità.

Sala, in caso di vittoria, avrà in consiglio una squadra in cui donne e uomini sono egualmente rappresentati (così hanno stabilito le preferenze espresse dagli elettori) e in cui i consiglieri si dedicheranno a tempo pieno a Milano.
Parisi avrebbe una squadra di consiglieri di maggioranza con pochissime donne (anche perché il meccanismo della doppia preferenza di genere in Forza Italia è stato blindato sulla capolista Gelmini escludendo, di fatto, le altre candidate – Sardone ha fatto da sola…) e in cui molti consiglieri “big” (ammesso che non si dimettano) avranno in testa questioni nazionali più che Milano.

Una bella differenza che rappresenta plasticamente un diverso approccio alla città.

Che altro dire, se non SALA SINDACO?

Nei prossimi giorni altri motivi per convincere anche i più dubbiosi.

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