Esattamente trent’anni fa ci lasciava Giuseppe Lazzati.
Domani la figura del professore sarà ricordata in un convegno presso l’Università Cattolica di cui Lazzati fu rettore.
Oltre alla locandina dell’incontro (30 Anniversario Giuseppe Lazzati 18 maggio 2016), vi propongo un mio ricordo pubblicato sull’ultimo numero de “Il Sicomoro”.
Il 18 maggio 1986 moriva Giuseppe Lazzati. A trent’anni di distanza, il suo pensiero mantiene grandi elementi di attualità. Lazzati docente, politico, giornalista, ma, soprattutto, educatore, ci richiama al rigore di una testimonianza che si fonda sulla fatica di conoscere, attraversa il tempo dell’ascolto e del confronto, e si realizza in un rigore sobrio e solo apparentemente distaccato. Innamorato della letteratura cristiana antica, Lazzati ha saputo portare nel suo presente le riflessioni che hanno fondato il pensiero cristiano delle origini e hanno permesso al messaggio del Vangelo di confrontarsi con la cultura dell’epoca senza timori e con il coraggio di chi sapeva di dover aprire strade nuove. Credo che i grandi testi degli albori del cristianesimo abbiano consegnato a Lazzati la capacità di andare all’essenziale, senza fronzoli, nella consapevolezza che, anche di fronte alle sfide più drammatiche, il radicamento nel Vangelo e la passione per l’altro diventano rocce su cui fondare la propria forza. L’esperienza della guerra e del campo di prigionia hanno confermato la sua capacità di essere affidabile e saldo, soprattutto per chi, accanto a lui, viveva momenti di difficoltà estrema. La scelta radicale del Vangelo come fondamento della propria vita, si coniugava in Lazzati con un profondo rispetto per le cosiddette realtà temporali, non considerate come un ostacolo per la realizzazione di un astratto regno di Cristo, ma rilette come opportunità per svelare il valore dell’umano e fecondarlo con la novità del messaggio evangelico. Riconoscere il valore delle cose di questo mondo, per Lazzati, è una condizione necessaria per vivere la laicità in senso più pieno. Il solco in cui il professore milanese si colloca è quello della chiesa delle origini, che trova una singolare ed efficace sintesi in un testo da lui molto amato come la “Lettera a Diogneto”, secondo una tradizione mai interrotta che ha trovato nel Concilio Vaticano II una conferma autorevole. Come non sentire in testi come la “Gaudium et spes” o “Apostolicam actuositatem” un’eco delle riflessioni che Lazzati aveva suggerito, soprattutto durante il suo percorso nell’Azione Cattolica, e che torneranno con forza nei non facili anni del post-Concilio? Ma la vocazione più profonda del milanesissimo professore credo sia stata quella di educatore. Non a caso, gli ultimi anni della sua vita sono stati dedicati alla passione per i giovani che ha trovato una felice concretizzazione nell’attività dell’Eremo San Salvatore, ex convento sopra Erba dove Lazzati è sepolto e dove ha orientato in modo spesso decisivo le scelte vocazionali di centinaia di giovani. Il mio ricordo personale di Lazzati fa riferimento proprio all’ultima stagione della sua vita. Rimasi molto colpito dal rigore con cui esponeva il suo pensiero: prendeva molto sul serio chi gli stava di fronte, anche se l’uditorio era composto da giovanissimi. Chi lo ascoltava aveva la sensazione di essere investito dalla responsabilità di non disperdere un pensiero mai banale e carico di un rigore che invitava a prendere sul serio se stessi e la propria vita.
Grazie Fabio
Per il tuo commento/ricordo del Professor Lazzati.
Lo condivido in pieno. Ricordo anch’io che scaldava i cuori con le sue lucide riflessioni che partivano dalle sue conoscenze, dalle sue passioni culturali e spirituali, dala sua fede incarnata e dal notevole spessore del suo vissuto.
Un testimone autorevole e esigente da non dimenticare.