La legge regionale lombarda sui luoghi di preghiera è stata bocciata dalla Corte Costituzionale. Secondo i giudici costituzionali, che si sono espressi all’unanimità, la norma viola il principio della libertà di culto sancito dalla Costituzione. La reazione di Maroni è francamente fuori dalle righe e non certo degna del presidente della Lombardia.
I dubbi di costituzionalità erano già chiari al momento dell’approvazione della legge in Consiglio regionale nel gennaio del 2015.
La legge, applicabile sia alle religioni che hanno firmato intese con lo Stato italiano sia per quelle che non hanno un’intesa, come l’Islam, prevede che debbano essere stipulate convenzioni in materia urbanistica con i Comuni interessati che potranno indire un referendum consultivo sulle richieste pervenute. Per aprire nuovi edifici di culto in Lombardia, secondo la legge, è necessario garantire che sorgano a una “distanza minima” rispetto ad altri luoghi di culto esistenti, che abbiano una superficie di parcheggi pari ad almeno il doppio di quella dell’edificio e che siano dotati di impianti di videosorveglianza.
Una serie di paletti o, per meglio dire, ostacoli che non sono passati indenni nel giudizio della Corte che era stata attivata all’impugnativa del Governo nello scorso mese di marzo.
Comprensibile il disappunto del presidente Maroni, che peraltro era già stato ampiamente messo sul chi vive da noi dell’opposizione, ma non è accettabile il modo sprezzante in cui è intervenuto su twitter con una battuta che suona come una vera e propria provocazione nei confronti della comunità islamica.
Il presidente di una regione come la Lombardia dovrebbe essere garante di tutti i cittadini che vivono nel suo territorio e non lanciarsi in affermazioni che dimostrano solo la sua superficialità nell’affrontare un tema, come quello della presenza di fedeli di diverse religioni, che non può essere banalizzato o utilizzato per bieche polemiche di stampo esclusivamente propagandistico indegne di un presidente della Lombardia.
P.S.
Ormai abbiamo perso il conto delle leggi lombarde targate Maroni che sono state impugnate dal Governo e, successivamente, sconfessate dalla Corte Costituzionale.