E’ un caso che avevamo sollevato dieci giorni fa in Consiglio regionale con una Question Time che chiedeva conto alla Regione della mancata classificazione delle nuove strade costruite accanto alla Tangenziale Est Esterna di Milano. Senza quella classificazione che dovrebbe comprendere anche l’affidamento ai comuni del territorio di alcune ormai ex strade provinciali, la Città Metropolitana non è in grado di prendersi in carico la nuova viabilità che rimane dunque chiusa.
La vicenda ieri è approdata su Affariitaliani.it che riportava le accuse del sindaco di Melegnano a Città Metropolitana.
Oggi arriva la replica della consigliera delegata alle infrastrutture di Città Metropolitana Arianna Censi che respinge al mittente (o meglio, alla Regione) le accuse, ma evidenzia anche come sia necessaria maggiore chiarezza da parte dello Stato nel definire ruolo e risorse di Città Metropolitana.
Chi sostiene che la viabilità connessa alla tangenziale esterna rimanga chiusa al traffico per “colpa” della città metropolitana non sa di che parla e offende i lavoratori di questo Ente.
L’articolo comparso oggi su affari italiani merita una replica, chiariamo:La Città metropolitana di Milano, fin dal 2014, ha aperto al traffico e gestisce quotidianamente le più importanti opere di collegamento della tangenziale esterna alla città di Milano (la rivoltana e la cassanese, tutte strade a quattro corsie e svincoli a livelli sfalsati, con opere di grande impegno gestionale quali la galleria di Pioltello, posta sotto la falda acquifera); nel 2015 sono state aperte altre strade, tutte in accesso agli svincoli della tangenziale esterna, in alcuni casi surrogando il servizio manutentivo e invernale in territorio di altre Province.
Quanto sopra è stato fatto con grande determinazione e dedizione da parte di chi lavora e di chi guida la Città metropolitana, pur in un periodo di drastica riduzione delle risorse economiche e di personale deciso dalla legislazione nazionale nel frattempo intervenuta, e non è stato fatto per obbligo giuridico, ma al solo fine di offrire agli utenti milanesi vie di trasporto veloci e sicure.
Nulla infatti, se non la volonterosità e la consapevolezza di gestire i gangli di accesso all’intero sistema insediativo milanese, obbliga la Città metropolitana a prendere in carico strade che, ad oggi, non sono dotate di certificato di collaudo tecnico-amministrativo, la cui emissione e il cui procedimento di formazione non compete a nessun tecnico della Città metropolitana.
Oltre a ciò, la Città metropolitana è invece obbligata, dalla legge, a gestire gli itinerari “provinciali” storici, anche se ormai sono doppioni delle moderne arterie, perche’ l’Autorità competente, la Regione Lombardia, seppur per tempo sollecitata (in alcuni casi fin dal 2014) ha dubitato ed esitato sia a declassificare come comunali gli itinerari storici, sia a classificare come provinciali gli itinerari moderni. Si badi bene: questa esitazione, comporta per la Città metropolitana un doppio costo gestionale, perchè tocca gestire sia gli itinerari storici sia i moderni.
Ma non basta: chi si lamenta sappia che nulla vieta allo Stato e alla Regione, che hanno voluto, finanziato, e preteso di mantenere l’intero controllo del processo costruttivo di tutte le strade (asttraverso le loro strutture e con i loro concessionari), nulla vieta allo Stato, si diceva, attraverso i suoi concessionari, di aprire al traffico e di gestire le strade che ha dichiarato di pubblica utilità anche nel periodo antecedendte all’emissione del collaudo definitivo. Nulla vieta, ma non lo fa. Esige, attraverso i suoi concessionari, che lo faccia la Città metropolitana, e per volonterosità, non per altro. Lo stesso Stato ha invece preteso di confinare con legge l’operatività delle Provincie e delle Città metropolitane alle sole “strade provinciali”. E sia pure. Ma il doppio costo sopra descritto è intollerabile e deve essere risolto con determinazione: la Città metropolitana non può permettersi di nutrire certezze ove le Autorità preposte manifestano esitazioni. Ne va dell’equilibrio economico dell’Ente in un periodo delicatissimo, in cui non ci si può permettere di sbagliare, nemmeno per un battito di ciglia. Cercate quindi la “colpa” in casa d’altri.