La campagna per le primarie milanesi sta entrando nel vivo. Il dato che emerge dalle prime due settimane “vere” di attività dei candidati (prima il periodo natalizio aveva addormentato un po’ tutti) è che gli incontri pubblici sono più partecipati di quanto si poteva prevedere alla vigilia. Le presentazioni dei singoli candidati e, soprattutto, il confronto tra i quattro sfidanti al Teatro Dal Verme hanno sorpreso per il numero di partecipanti e confortato riguardo il grado di coinvolgimento dei milanesi.
Come spiegare questo rinnovato interesse?
Credo che ci siano vari fattori da considerare.
– Il primo è la sensazione che Milano possa davvero inaugurare una nuova stagione, che ha avuto la sua premessa fondamentale in Expo e che va sostenuta e promossa. Come si usava dire un tempo in certi ambienti cattolici, siamo nel “già e non ancora”, ovvero in un momento carico di promesse, ma gravato da incognite riguardo la possibilità di farcela davvero. Credo che molti cittadini sperino nel rilancio di Milano e siano sospesi tra la curiosità e la preoccupazione riguardo chi guiderà questa nuova fase.
– In secondo luogo, credo che siano tanti coloro che hanno sostenuto e apprezzato l’azione di Giuliano Pisapia e da parte loro c’è la voglia di lanciare un messaggio chiaro a chi aspira a succedergli: non disperdere, ma rilanciare la sua eredità. Attenzione però, aggiungo io, l’eredità di questa amministrazione rischia di essere gravemente messa in discussione dalle scellerate performance di un consiglio comunale che ha già affossato il recupero degli scali ferroviari e ora mette a rischio anche le nuove municipalità.
– Terzo fattore: a queste primarie non partecipano solo candidati espressi dal mondo strettamente politico, a differenza di quanto accaduto in tornate precedenti. Nel folto pubblico del Dal Verme c’erano militanti (termine che non mi piace, ma rende l’idea) dei partiti, ma anche esponenti del mondo sociale che esprime un candidato come Iannetta e tanti cittadini “normali” (chiedo scusa per la banalità e l’imprecisione dell’aggettivo) curiosi di vedere un manager come Sala, reduce dall’enorme visibilità di Expo, potesse cimentarsi nei primi passi della nuova avventura politica. Lo dico in modo brutale: Antonio Iannetta ha il merito di coinvolgere nelle primarie il mondo dell’associazionismo, Beppe Sala mi pare abbia la capacità di attirare un’attenzione “metropolitan-popolare” e di scatenare gli attacchi (qualcuno parla già di macchina del fango) dei media avversi al centro-sinistra, fatti che contribuiscono ad allargare l’attenzione per le primarie. Lo dico ancora più esplicitamente: senza Sala non sarebbe stato facile riempire il Dal Verme.
Rimane una domanda.
C’è il rischio di avere teatri e social-network pieni e urne (delle primarie) vuote?
Mi auguro che così non sia e, anzi, faccio appello a chi ha a cuore il futuro della città perchè prenda in considerazione l’ipotesi di partecipare alla consultazione del 6 e 7 febbraio: non si tratta di una questione interna ai partiti del centro-sinistra, ma di un appuntamento importante per la Milano che vogliamo costruire e vivere nei prossimi anni. Volete rimanerne estranei? E poi, partecipare alle primarie non significa fare la tessera del PD o di SeL, consente piuttosto di orientarne le scelte per la città metropolitana. Non è cosa da poco ed è un modo semplice e concreto per essere davvero milanesi.
Partecipare al voto delle primarie, significa apprezzare fino in fondo la democrazia. È bello oltre che doveroso , potersi esprimere! L aria che tira è ” ma tanto si sa che passerà Sala ,perché così vuole Renzi”. Questo invece è un segno di percezione sociale di non-democrazia.
Personalmente, conosco anche Balzani e Maiorino. So che sono candidati con profilo alto, molto attenti sia ai conti sia ai meno fortunati: sembra una contraddizione ma la vita stessa sociale impone queste due attenzioni.
Che vinca il migliore!