In giorni di bilanci sull’anno vecchio e auspici per quello nuovo, non sono mancate le riflessioni sulla demografia del nostro Paese. Che nascano ormai pochi bambini è risaputo, ma che il 2015 ci consegni un bilancio demografico simile al 1917 fa un po’ impressione: in Italia i morti sono più dei nati, cosa che era accaduta in precedenza solo durante la Prima Guerra Mondiale. Un pessimo modo per celebrarne il centenario.
Rilancio due articoli sul tema, uno comparso ieri su Avvenire e firmato Giancarlo Blangiardo, demografo della Bicocca, l’altro pubblicato, sempre ieri, dal sito www.vinonuovo.it.
L’articolo di Giancarlo Blangiardo su “Avvenire”
L’articolo di Paola Springhetti su “Vinonuovo”
In entrambi si sottolinea la necessità di programmare politiche a favore della famiglia per far sì che il desiderio di figli delle donne italiane possa essere realizzato. Il rischio, in caso contrario, non è la “semplice” frustrazione delle attese femminili, ma il declino dell’intera nostra società.
I temi sono tanti, dal lavoro femminile (spesso, se non sempre, meno pagato e meno valorizzato) ai servizi per la famiglia, dalle politiche fiscali alla conciliazione famiglia-lavoro…
L’inverno demografico in cui è piombata l’Italia non è un tema che può essere risolto con un bonus bebè o con altre iniziative estemporanee. Serve un’azione coordinata che metta al centro dell’attenzione politica, sociale ed economica la famiglia. Una prospettiva che qualcuno definisce come alternativa e incompatibile con il percorso verso il riconoscimento dei diritti civili di cui si sta discutendo in Parlamento. Non sono di quest’idea: un Paese capace di riconoscere i diritti di un numero sempre più ampio di persone è un Paese in cui si potrà vivere meglio e valorizzare il contributo di tutti per la costruzione di una società più aperta e inclusiva. A condizione che l’individualismo non sia però l’unico criterio con cui riconoscere e promuovere i diritti. A furia di concentrarsi solo sugli individui e sui loro diritti rischiamo infatti di perdere di vista la necessità di costruire legami sociali e valori condivisi, gli unici che, in condizioni non facili come quelle che viviamo in questi anni, giustificano una scommessa sul futuro in cui valga la pena “metter su famiglia” e “mettere al mondo” dei figli.