Un pensiero a chi passerà un Natale triste e preoccupato

24 Dicembre 2015 di fabio pizzul

In questa notte di Natale, tra i tanti auguri che girano, mi permetto di rilanciare un pensiero a chi sta soffrendo e non passerà un Natale sereno.
Lo faccio pubblicando una lettera aperta che un paio di giorni fa un amico ha scritto riguardo la vicenda di suo figlio.
Non ho chiesto la sua autorizzazione, quindi mi limito a pubblicare le iniziali del suo nome.
A lui e a suo figlio un abbraccio. A tutti gli ammalati e le loro famiglie un caro augurio per questo santo Natale.
Alla politica lombarda, me compreso, la raccomandazione a far sì che i cittadini non debbano più sentirsi umiliati da un sistema che, talvolta, pare stritolare anche il buon senso.

Buongiorno,
vi scrivo per raccontare una storia, una storia che a me sta a cuore visto che si tratta di mio figlio. Ma che in verità è una storia che potrebbe appartenere a chiunque si avvalga del sistema pubblico e che non abbia santi in paradiso a cui appellarsi. Praticamente il 90% della popolazione italiana.
Mio figlio è stato operato una prima volta per problema oncologico testicolare nel 2013, vi tralascio alcuni foschi dettagli di questa prima esperienza. Il 1° dicembre appena trascorso viene operato una seconda volta, con implicazioni cliniche e psicologiche che forse qualcuno, ma solo i più sensibili, i più competenti, sapranno comprendere. Tutto questo è avvenuto presso l’Ospedale di Niguarda diretto da tale Dott. Trivelli.
A avvenuta operazione, è stato dimesso due giorni dopo. Una dimissione “provvisoria” come hanno evidenziato presso il reparto di urologia (vi sottolineo che, a distanza di 20 giorni, siamo ancora in attesa degli esiti degli esami istologici, sollecitato , come apprendo, a chi di competenza anche dal vicedirettore del reparto urologia stesso, per capire le modalità da seguire e le indicazioni delle cure del caso ).
A casa mia “dimissioni provvisorie”, in un caso oncologico recidivo così delicato, avrebbe dovuto significare: vi mandiamo a casa perché rappresenta l’ambiente è più salubre per il paziente, ma rimanete in allerta perché vi chiameremo quanto prima con la cartella finale delle dimissioni. E passano i giorni, nessuna chiamata. In mano abbiamo solo una cartella di dimissioni parziale e una prescrizione che cita con vaghezza una visita endocrinologa il martedì pomeriggio, per i pazienti dimessi …
E qui che mi soffermo e, diciamo, cominciano le note più dolenti.
Non manco di sottolineare l’inumano comportamento di molte persone che come spesso accade si rivela incapace di gestire il lato psicologico di chi sottoposto a questi stress. A parte questo, noi, persone e non personaggi, donne e uomini senza nomi e numeri da chiamare, siamo rimasti in attesa come ci avevano chiesto. Poi presi da un lampo di proattività e interpretazione, abbiamo presunto che quanto trascritto sulla prescrizione, mi riferisco alla visita endocrinologa per pazienti dismessi, implicasse che il primo martedì disponibile doveva presentarsi all’ambulatorio di endocrinologia per la visita e le eventuali prescrizioni. Il giorno 8 era festivo, ecco quindi che ci presentiamo il giorno martedì 15 dicembre.
A dire il vero, questo non è stata solo la nostra presunzione, anzi la procedura ci fu confermata lo stesso giorno delle dimissioni quando ci siamo recati agli sportelli per una eventuale prenotazione: quella prescrizione, hanno detto, era intesa come una visita in “surplus” (è stato peraltro anche aggiunto che pur volendo prenotare a dicembre non vi era nessuna disponibilità e non ancora era presente l’agenda per il 2016). Evidenzio che non ci siamo meravigliati di quanto riferitoci perché avevamo già esperienze di visite in “surplus” che avvenivano regolarmente, dopo il primo intervento, per i controlli oncologi. Mio figlio è un follow-up oncologico.
Vi vorrei evitare le trafile che noi piccoli uomini e donne senza nomi e numeri da chiamare, siamo costretti a subire o a superare. Ma per una volta, immergetevi con me in una storia che probabilmente un italiano su due è costretto o sarebbe costretto a vivere. Prima di presentarmi in ambulatorio ho fatto qualche telefonata alle diverse segreterie: sono stato scrupolosamente rimbalzato da un impiegato all’altro. Ciascuna persona con cui mi sono trovato a parlare si è regolarmente dichiarata non di competenza. Ho concluso il tour parlando con un desk office: la voce metallica della impersonale burocrate dall’altro lato del telefono ha riferito che avremmo dovuto fare la trafila solita e che comunque fino al prossimo anno non ci sarebbe stata disponibilità, ribadendo che fra l’altro non aveva agenda per il 2016 (questo al 15 dicembre u.s.!!!!).
Folli, incompetenti e burocrati. Questo Paese morirà sotto il peso dell’anonima e impersonale burocrazia. Un uomo, paziente oncologico che ha subito una importante operazione e dimesso “parzialmente” per poi venire abbandonato e lasciato in balia della più totale follia del sistema.
Non arrendendomi alle assurde risposte telefoniche, mi presento fisicamente: desidero quanto meno dare un volto a queste voci impersonali. Così il giorno 15 dicembre, un martedì pomeriggio come segnalato dalla prescrizione, mi sono egualmente recato in ospedale. Stesse trafile, stessi passaggi da un referente all’altro per poi ricevere una notizia apparentemente discreta: mio figlio doveva essere visitato da un certo Dott. Endocrinologo, che era in ambulatorio 1 A , Blocco Nord.
Mi presento, la segreteria, unica tocco di gentilezza in questo girone infernale, si reca con l’impegnativa da tale dottore. Ma ecco il momento più luminescente e brillante di questa inumana sanità: l’esimio dottore si rifiuta di visitare mio figlio perché senza prenotazione. Mantenendo un minimo di pazienza ho tentato di spiegare, ma costui mancando di professionalità e umanità, si rifiuta di ascoltare, di informarsi, di leggere. E ci rimanda a casa. O peggio, al via: alla sala prenotazioni, dove abbiamo tentato di… ? Risultato..?? lo stesso del 03 dicembre giorno della dimissione provvisoria.
Ecco, siamo arrivati alla fine. Siamo al 22 di dicembre e nulla si è mosso dall’ospedale Niguarda, decadenza della sanità pubblica. Solo noi continuiamo a non affondare ma a navigare a vista. Oggi abbiamo appuntamento con un medico privato, ma non endocrinologo, al quale pagheremo 300 euro per un parere specialistico oncologico, finirà che dovremo fare la stessa cosa per un parere endocrinologico. Come spesso accade difatti, il pubblico finisce di spingerti spesso a calci tra le braccia del privato … E lo chiamate paese civile questo? E visto che siamo alla fine, allora concludo con questo augurio, poco natalizio ma mi comprenderete.
Non auguro che possa accadere quanto accaduto a noi,ne all’endocrinologo che si è rifiutato di visitare, conoscere o informare mio figlio ne a chiunque abbia partecipato a questo tour infernale. Certo, non per umanità ma solo perché la casta proteggerebbe chiunque ne faccia parte. Loro saprebbero come aiutare un loro caro. No, io auguro a tutti coloro che non hanno avuto un briciolo di umanità, intraprendenza, comprensione ma soprattutto semplice competenza (considerando che non erano favori ciò che cercavamo ma solo legittime cure dignitose) di trovarsi per un motivo o un altro fuori dal loro contesto, ignorati, rimbalzati … Soli, impotenti e senza possibilità di essere di aiuto per se o per un loro caro.
Naturalmente oltre all’anatema, ho provveduto a far emettere una scheda di segnalazione all’URP dell’Ospedale di Niguarda per l’operatività del medico endocrinologo, segnalazione che ovviamente lascerà il tempo che trova. Ma noi, piccoli uomini e donne senza le spalle coperte, che altro potevo fare?
Ho inviato questo promemoria in giro, non so con quale speranza forse solo per smuovere le coscienze (esistono ancora le coscienze?), perché quanto raccontato non vale solo per il caso di mio figlio, ma per decine e decine di altre vittime del sistema sanitario pubblico. Che purtroppo non hanno il tempo, l’energia o la consapevolezza di portare avanti queste battaglie senza fine. Il sistema sanitario pubblico capita che quando non ti uccide fisicamente, tenta di farlo emotivamente e psicologicamente.
A.R.
Milano 22 dicembre 2015

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