Una ventina di giorni fa il Consiglio regionale ha approvato la nuova legge sulla formazione professionale e le politiche attive del lavoro in Lombardia. La maggioranza si è sperticata in elogi di quella che viene definita innovazione e internazionalizzazione della formazione professionale e partenza del sistema duale lombardo. La realtà ci racconta però qualcosa di diverso.
La legge sancisce il passaggio a un sistema di finanziamento basato esclusivamente sulla dote, ovvero su un finanziamento fisso per ogni ragazzo iscritto al corso di formazione.
Rispetto al passato, la dote è ora variabile a seconda del tipo di corso di formazione (e questo è condivisibile) ed è stata anche aumentata, ma rappresenta l’unica forma di finanziamento anche per i centri di formazione pubblica, ovvero quelli che sono collegati, in forme diverse, alle province.
Per essere concreti, prendiamo alcuni casi.
Lo scorso anno il centro di formazione di Bergamo riceveva da Regione Lombardia 12.050.000 €. tra doti derivanti dal numero di studenti iscritti e finanziamento del personale in virtù di un accordo siglato con la regione all’inizio degli anni 2000.
Quest’anno il centro riceve da Regione Lombardia 10.352.000 € in doti e nulla più; il finanziamento del personale è scomparso per decisione unilaterale della regione ora confermata con l’approvazione della legge di cui parlavo prima.
Come si può ben capire, mancano all’appello, tra un anno e l’altro, 1.689.000 €. Questo significa che il centro di formazione, visto che non può accogliere più studenti per un limite oggettivo di affollamento delle classi, dovrà fare tagli.
Manca un altro dettaglio non trascurabile: la richiesta di corsi di formazione è alta e le doti non la coprono totalmente, perche la regione mette un tetto alle richieste dei singoli centri di formazione. Anche in questo caso i numeri parlano chiaro: per il corrente anno scolastico sono a rischio 195 ragazzi privi di dote e 30 collaboratori. Per i ragazzi non dotati, fino ad oggi, non arrivavano fondi dalla regione, ma questi ragazzi venivano comunque accolti gratuitamente nei corsi che erano erogati da quel personale per cui la regione garantiva un contributo.
La situazione è complicata e prevede due sole vie d’uscita: o si taglia sul personale o si respingono le iscrizioni dei ragazzi. Più probabile che si debba fare l’uno e l’altro.
Prendiamo qualche altro caso:
Brescia: 4.518.676 € in meno – a rischio 250 ragazzi e 70 collaboratori
Mantova: 289.000 € in meno – a rischio 68 ragazzi e 6 collaboratori
Varese: 1.270.351 € in meno – a rischio 90 ragazzi e 14 collaboratori
Il taglio di risorse regionali ammonta a 9.833.428 € con circa 950 ragazzi a rischio esclusione (e quindi, molto probabilmente, destinati alla dispersione scolastica).
E’ questa l’eccellenza della formazione in Lombardia?
A sentire l’assessore Aprea bisognerebbe promuovere ulteriormente la formazione professionale per far sì che i nostri giovani abbiano occasioni formative in grado di portarli direttamente nel mondo del lavoro. La realtà però ci parla di centri di formazione che devono farsi carico di studenti per cui la regione non garantisce le doti e, ora, anche di un costo del personale su cui regione fino all’anno scorso interveniva e da quest’anno dice esplicitamente che non è affar suo.
E, se andiamo nel campo dei centri accreditati, ovvero quelli privati che ottengono da regione doti per gli studenti che li frequentano, la situazione non cambia di molto: anche negli scorsi anni questi centri percepivano solo le doti, ma in moltissimi casi si facevano carico di accettare le iscrizioni di parecchi studenti senza doti regionali.
Come dire: Regione Lombardia, sulla formazione professionale, si fa bella con i soldi altrui.
So che mi diranno che la colpa è del Governo che taglia risorse alle regioni, ma allora, perché annunciare ingenti risorse per il reddito di autonomia o indire un referendum milionario se non si riesce neppure a finanziare attività fondamentali come la formazione?