Abramo come simbolo dell’uomo di ogni tempo, come archetipo di un’umanità che non può isolarsi o rimanere prigioniera delle proprie presunte sicurezze. Il ciclo dei dialoghi a due voci, ebraismo e cristianesimo, è stato inaugurato ieri sera presso l’Auditorium San Fedele di Milano con gli interventi di rav Giuseppe Laras e fra’ Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, coordinati dalla professoressa maria Cristina Bartolomei dell’Università Statale di Milano.
Molti gli spunti emersi dal commento del capitolo 12 della Genesi.
Ve ne affido un paio, a mio giudizio, molto stimolanti.
Rav Laras ha concluso il suo intervento con un parallelo tra Abramo e Noè.
Noè, ha detto, è sempre stato antipatico ai commentatori ebrei, al contrario di Abramo, da tutti apprezzato.
Perché questa diversità di trattamento?
Rav Laras l’ha spiegata come segue.
Noè è uomo retto e timorato di Dio, ma non gli viene perdonato il fatto di essere salito sull’Arca da solo. E’ vero, nella sua vita ha ammonito i suoi contemporanei che erano incuriositi dalla sua insistenza nel predicare la conversione e dalla sua ostinatezza nel costruire uno strano manufatto che somigliava a una barca. Di fronte alla sordità dei suoi fratelli, però, Noè, alla fine sale sull’arca da solo.
Abramo, al contrario, essendo a sua volta uomo retto e timorato di Dio, si preoccupa sempre e solo degli altri, non si chiude in se stesso; basti pensare all’episodio della supplica per gli abitanti di Sodoma, che lo conduce al limite dell’offesa a Dio.
Secondo Rav Laras, Abramo indica la strada che l’uomo deve percorrere per essere davvero se stesso, ovvero l’apertura agli altri.
Fra’ Pizzaballa ha suggerito, invece, un parallelo tra Abramo e Ulisse.
Entrambi sono in viaggio e in ricerca, ma con una profonda differenza.
Ulisse ha come obiettivo il ritorno a casa, alle sicurezze e al calore della sua Itaca.
Abramo lascia la sua casa e le sue sicurezze e va verso una terra che gli è ignota, ma che è frutto di una promessa e della sua fiducia verso Dio.
L’autentica vocazione dell’uomo, secondo Pizzaballa, è la ricerca del compimento di una promessa e non il sogno di tornare a casa per recuperare le sicurezze di un’isola di cui si ha nostalgia.
Un parallelo che ho molto da dire all’uomo di oggi e, secondo fra’ Pierbattista, anche alle nostre comunità, cristiane prima di tutto: sognare di recuperare sicurezze all’insegna della tradizione può essere affascinante, ma per chi vuole aprirsi al futuro si configura più come una tentazione che come una virtù.
Mi paiono due immagini suggestive su cui riflettere.