Questa mattina, in un hospice di Monza, dopo un breve periodo di malattia è morto a 79 anni don Raffaello Ciccone. Nato a Milano il 23 agosto 1935, originario della parrocchia di San Nicola in Dergano, era stato ordinato sacerdote nel 1958. Per molti anni, durante gli episcopati dei cardinali Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi, fu responsabile della Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Milano. Dal 1995 era anche incaricato arcivescovile per le Acli, incarico che ha mantenuto fino all’ultimo.
Le brevi note biografiche che ho ripreso dal portale diocesano chiesadimilano.it non bastano descrivere chi era don Raffaello.
Un prete innamorato del lavoro perché innamorato dell’uomo.
Un prete che amava la Bibbia e in essa trovava gli spunti per parlare della vita e alla vita delle persone.
Un prete che cercava i segni del Vangelo nei luoghi in cui le persone costruiscono, attraverso il lavoro, la propria dignità.
Un prete che non aveva paura di usare parole forti in difese dei diritti dei più deboli.
Un prete che si sentiva a casa nelle fabbriche.
Un prete che amava la vita delle persone e studiava a fondo le dinamiche che la guidano.
Un prete che non aveva paura di sporcarsi le mani con le lotte sindacali e le manifestazioni per il lavoro.
Un prete che ha sempre rispettato e valorizzato i laici, nella chiesa e nella società.
Un prete generoso, che non si mai tirato indietro di fronte alle richieste che gli venivano fatte.
Un prete rigoroso, che non ha mai nascosto la realtà e ha cercato in essa la verità.
Un prete non facile, perché aveva deciso di non essere mai accomodante.
Un prete che ha ascoltato tanto e non ha mai chiuso la porta in faccia a nessuno.
Un prete che ha sempre cercato il volto di Dio in quello degli uomini, soprattutto i meno fortunati.
Un prete.
Come ce ne vorrebbero molti.
Don Raffaello è stato un grande uomo e – anche per questo – un grande prete
gianni
una descrizione molto bella di Don Raffaello
Profilo tratteggiato in modo efficace e pertinente, condivisibile in tutto ed in particolare nell’ultima riga.
Ho conosciuto don Raffaello molti e molti anni fa quando era parroco in una parrocchia poverissima della così detta Bassa Milanese. Era lì perché era un prete scomodo. Scomodo per le sue denunce, per la sua passione sociale… ci volle il cardinale Martini perché questa sua passione (che aveva radici profonde nelle Scritture) fosse valorizzata. È stato grande amico di Lorenzo Cantù che collaborava con lui nell’Ufficio per la pastorale del lavoro e che lo ha prpeceduto in Paradiso; anche Lorenzo uomo di grande fede! Siamo un po’ più poveri e un po’ più ricchi insieme perché abbiamo un intercessore sicuramente ascoltato in più.