Palazzo Lombardia è stato raggiunto oggi da due manifestazioni.
Una farà notizia, soprattutto per il lancio di uova e vernici contro le forze dell’ordine.
Dell’altra parleranno in pochi, ma i temi che proponeva sono fondamentali per l’intera regione.
Da una parte gli studenti che protestavano contro la gestione della scuola con lo slogan “Renzi e Maroni fuori dai coglioni”.
Dall’altra i metalmeccanici della CISL che ricordavano come nel 2014 in Lombardia nel loro settore ci siano stati 22 mila lavoratori in cassa integrazione, 8277 licenziamenti e 1343 aziende in crisi strutturale.
Mi concentro proprio sulla seconda manifestazione. E mi scusino gli studenti (non quelli che hanno lanciato uova e vernice, che non meritano alcuna attenzione).
Dalla FIM CISL lombarda giungono tre inviti: rilanciare l’industria, tutelare il lavoro, favorire la contrattazione.
Difficile non essere d’accordo, ma con quali strumenti agire?
Prima di tutto serve mettere in campo una vera e propria politica industriale.
Regione Lombardia in questi anni ha dato l’impressione di agire come una crocerossina del lavoro, intervenendo laddove la crisi aveva già colpito, solo per tentare di limitare i danni.
Regione Lombardia dovrebbe rafforzare le azioni di politica industriale sul territorio, in stretto collegamento con le azioni nazionali e le opportunità europee. Non basta dire che la Lombardia è meglio degli altri, bisogna sfruttare le sue potenzialità e inserirsi in percorsi virtuosi.
Occorre anche razionalizzare e meglio finalizzare le misure di sostegno alle imprese (anche qui in sinergia con governo ed Europa).
Vanno valorizzate e incentivate le forme di sostegno all’occupazione solidaristiche (contratti di solidarietà) e ogni azione che porti alla salvaguardia degli insediamenti produttivi e, di conseguenza dell’occupazione. La contrattazione territoriale può avere un ruolo determinante in questo senso.
Vanno attuati gli accordi si competitività, stabiliti dalla legge regionale 11 del 2014, votata all’unanimità dal Consiglio regionale. Buone le idee previste, poco incisive, per il momento, le applicazioni pratiche.
Tante parole, direte voi, ma i posti di lavoro continuano a sparire.
Vero. Ma è anche vero che bisogna tornare a investire sul lavoro. Mi pare che il governo si sia mosso in questa direzione sia con il taglio dei contributi per i neo assunti (8000 € all’anno) sia con il controverso Jobs Act.
Non esiste la riforma risolutiva. Servono tanti piccoli passi nella direzione giusta.