Settant’anni fa le truppe dell’Armata Rossa entravano nel lager di Aushwitz e il mondo scopriva l’orrore della Shoà.
Nella Giornata della Memoria vi propongo la lettura di due testi tratti da “Se questo è un uomo” di Primo Levi.
Penso siano utili per riflettere in questa giornata.
La prima è la poesia che Levi pone a suggello del libro, riecheggia uno dei testi fondamentali per il popolo ebraico, lo Shemà Israel, e si pone come una sorta di appello-monito a tutti noi.
“Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.”
Il secondo è un brevissimo testo narrativo che scava all’origine, apparentemente banale, del male che diventa, nei lager, assoluto e senza ritorno.
Un testo con inquitanti profili di attualità.
“A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che “ogni straniero è nemico”. Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e in coordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue estreme conseguenze con rigorosa coerenza: finchè la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo.”