Greta Ramelli e Vanessa Marzullo sono, per fortuna, tornate a casa.
Il resto non conta o conta poco.
Non mi appassionano le polemiche sull’eventuale riscatto pagato per la loro liberazione. Il Ministro Gentiloni, tra l’altro, giustamente non conferma né smentisce, anche perché è nella logica della diplomazia internazionale il fatto di tenere trattative riservate e, talvolta, spregiudicate.
Qual doveva essere l’obbiettivo della nostra diplomazia se non il ritorno a casa delle due giovani lombarde?
Se si fosse rifiutato di avere qualsiasi trattativa in nome del fatto che con i terroristi non si entra neppure in contatto, il nostro ministero avrebbe fatto il suo dovere? Credo di no.
A quanto scrive il “Corriere”la cifra resa nota dai ribelli siriani sembrerebbe esagerata, ma un riscatto è stato certamente pagato, forse la metà. Anche se il ministro Gentiloni parla di illazioni.
Le polemiche e i paralleli con la stagione dell’anonima sequestri o del terrorismo in Italia mi paiono fuori luogo, così come la rabbia relativamente al fatto che quei soldi avrebbero potuto essere usati per aiutare gli italiani. A questa stregua, faccio una provocazione. Trattandosi di denaro pubblico, avremmo dovuto chiedere ai cittadini se erano disposti a utilizzarlo per vedere libere Greta e Vanessa. La cifra ipotizzata, 12 milioni di dollari, corrisponde a circa 10 milioni di euro che, divisi per i circa 60 milioni di italiani fa 0,16 euro a testa. Sareste disposti a impiegare questa cifra per salvare una vita? Ma è una provocazione e la abbandono in quanto tale.
Molti poi si sono scagliati contro la faciloneria delle due giovani che sono andate in Siria in modo leggero e sprovveduto. Non era meglio che se ne restassero a casa ad aiutare i poveri italiani?
Preferisco ragionare in altri termini ed essere ammirato del fatto che ci siano ancora giovani italiani che inseguono grandi ideali e sogni e si impegnano a favore degli altri rischiando anche in prima persona.
Rimane il fatto che ci si deve interrogare sulla sicurezza di chi si reca in missione umanitaria; le procedure , le regole di sicurezza e le precauzioni devono aumentare, anche perché il mutato quadro internazionale e le sempre più crude crisi locali devono indurre a maggiore vigilanza e prudenza.
Non possiamo però indietreggiare sull’importanza del volontariato e della cooperazione internazionale. Fa onore all’Italia ed è parte integrante della politica estera del nostro Paese, come riaffermato dalla legge sulla cooperazione approvata lo scorso anno dal Parlamento.
Bentornate, allora, Greta e Vanessa! Tiriamo un bel sospiro di sollievo e non dimentichiamoci dei nostri connazionali ancora sequestrati in aree di crisi, padre Paolo Dall’Olio in Siria, Marco Vallisa e Gianluca Salviati in Libia e Giovanni Lo Porto in Pakistan.
Un pensiero anche ai due marò in India, sperando che il voto del Parlamento Europeo che ha ribadito in queste ore la necessità che tornino a casa possa essere un passo verso la soluzione della loro infinita vicenda.
Ho inteso che queste due “volontarie” si siano mosse su iniziativa totalmente personale, dopo aver effettuato una raccolta di fondi (qualche migliaio di euro) in alta Brianza. Penso che questo non sia volontariato serio, ma molto personalistico e assai rischioso: ci sono fior di ONG che preparano i propri volontari con corsi impegnativi, li inseriscono in programmi ben soppesati per rischio e li supportano in caso di impreviste necessità, di concerto con il Ministero degli Esteri. Così facendo si superano molte polemiche su pagamento sì/pagamento no (in questo caso tutti gli italiani sanno di aver sborsato milioni di euro per due avventate, che non si sa nemmeno che cosa abbiano fatto) perché lo Stato deve salvaguardare i veri servitori di qualcosa di indispensabile alla nostra società: giornalisti rapiti che servivano l’informazione, missionari rapiti che aiutavano la popolazione, operatori in missione lavorativa, militari inviati in peacekeeping ecc.
Delle due volontarie si è detto che noi abbiamo bisogno del loro coraggio: ma specificando anche con chiarezza che queste cose non si fanno così, senza l’opportuno discernimento.