Paradossi lombardi: storia di un’azienda che potrebbe stare benissimo e che rischia di chiudere

31 Ottobre 2014 di fabio pizzul

Un’azienda che ha in portafoglio ordini per oltre 2 milioni e mezzo di euro e ha investito in innovazione in un settore, il packaging, che conosce una crescita del 23% all’anno con un fatturato è cresciuto da 3 a 6 miliardi dal 2009 ad oggi. Da queste parole si dovrebbe desumere che stia parlando di un’azienda in salute ed espansione, fatto raro in tempi di crisi, ma non è così: la Cicrespi, attiva nell’est Milano da oltre 100 anni, rischia di chiudere.

A metterla in difficoltà una mancanza di liquidità dovuta, in massima parte, al piano di rientro a cui tre delle banche con cui la Cicrespi ha lavorato l’hanno sottoposta. Da inizio 2014 a oggi, a quanto riferiscono gli amministratori, l’azienda è rientrata (cioè ha restituito) di 12 milioni di euro con le banche che, invece che prestare denaro l’hanno chiesto indietro.
Un anno fa l’azienda si era rivolta a Regione Lombardia per essere inserita in RAID, il progetto di accompagnamento per le aziende in crisi, ma poi non se ne era fatto nulla, anche perché si parlava di un contributo intorno ai 30mila euro.
Un altro paradosso è che la Cicrespi è in grado di offrire solide garanzie in termini di proprietà immobiliari, ma evidentemente questo alle banche non basta.
Non ho elementi per dare un giudizio approfondito sulla questione, le banche avranno le loro ragioni, ma mi pare di essere di fronte a un vero paradosso: un’azienda che ha ordini per più di 2 milioni e mezzo di euro, ha prospettive di crescita sul mercato estero, visto che ora lavora quasi solo per l’Italia, rischia di fallire.
Il caso è arrivato sul tavolo dell’assessore Melazzini, grazie all’azione pressante del sindaco di Liscate e di altri amministratori del territorio. L’assessore si è impegnato a verificare in tempi brevi la possibilità di costruire per la Cicrespi un accordo di competitività sulla base della legge 11 approvata in Consiglio regionale nello scorso mese di febbraio.
E’ una corsa contro il tempo che vede davvero tutti, dai quadri aziendali ai sindacati agli amministratori locali, impegnati per dare una risposta alla Cicrespi.
Una storia che non può e non deve finire male, per rispetto degli oltre 100 lavoratori e per non dare l’ennesimo segnale negativo a un territorio che ha già pagato moltissimo in termini occupazionali.

2 commenti su “Paradossi lombardi: storia di un’azienda che potrebbe stare benissimo e che rischia di chiudere

  1. Ezio Bazzarin

    Buon giorno, sono un dipendente della Cicrespi Engineering facente parte del gruppo Cicrespi SpA e le scrivo a nome della maggioranza delle maestranze della Engineering.
    Ormai da qualche anno l’azienda presenta vari rami in drammatica crisi ed un paio di settori che invece potrebbero tranquillamente crescere come nel caso della Engineering che opera nell’ambito del packaging.
    Per lungo tempo non sono stati presi provvedimenti che era palese dovesse essere attuati ma è inutile piangere sul latte versato ed ora probabilmente è troppo tardi per salvare ciò che di buono c’è ancora.
    Dall’incontro con la Regione Lombardia del giorno 5 novembre, il nostro Direttore Finanziario Fabio Negri invia questa mail:

    Vi informo che l’incontro di ieri in Regione Lombardia non è stato purtroppo quello che ci saremmo attesi. Spero con tutte le forze di essere smentito dai fatti, ma la sintesi della sostanza dell’incontro è stata la seguente:
    1) la Dott.ssa Negroni (Dirigente U.O Competitività, Imprenditorialità, e accesso al credito) ha spiegato che il suo ambito operativo riguarda la concessione di contributi a determinati tipi di aziende che investono in innovazione in determinati ambiti, e comunque, nella pratica, prima l’azienda investe (e spende), e poi la Regione concede il contributo. Quindi non è il caso di Cicrespi.
    2) il Dott. Ciocca di Finlombarda ha subito spiegato che Finlombarda interviene su più forme di sostegno finanziario ma solo ad aziende che hanno merito di credito (cioè bilanci buoni). Quindi nemmeno questo è il caso di Cicrespi.
    3) Il Dott. Ripani di RAID (l’unico a conoscere la reale situazione di Cicrespi, avendo partecipato negli ultimi 18 mesi alla trattativa con le banche, che ben sappiamo come è finita) è intervenuto solo con funzione consultiva, non avendo Raid fondi da spendere o prestare.
    4) Il Sig. Busti (Dirigente Struttura accesso al Credito sede territoriale di Mantova -?-), da come ha impostato il suo contributo, era probabilmente totalmente all’oscuro della situazione di Cicrespi e non ha quindi potuto che dare consigli generici su come accedere al credito bancario (sic!), fatta salva la possibilità di fare sue verifiche ulteriori nelle prossime 48 ore.

    Quello che è emerso chiaramente è che non esistono forme regionali di aiuto per le aziende in crisi, finalizzate appunto ad aiutare l’azienda ad uscire dalla crisi. O si parla di aiuti su investimenti in innovazione (che già tutti conosciamo), oppure si parla di normale accesso al credito in presenza di un rating bancario positivo

    A questo punto noi stupidi operai ci chiediamo: ma se l’azienda non aveva i requisiti per poter accedere a finanziamenti da parte della Regione, perché non è stato detto subito nei precedenti incontri?
    E’ la Cicrespi SpA che ha preso per i fondelli la Regione nascondendogli qualcosa oppure è la Regione che si è fatta bella grazie a qualche articolo apparso sui giornali (ho presente Il Giorno del 5 novembre e non ricordo chi il giorno precedente) .
    Gradiremmo avere delucidazioni in merito, se può cortesemente farci sapere qualcosa, visto che la situazione è più che disastrosa per l’azienda e ancor peggio per le maestranze che non percepiscono lo stipendio da tre mesi e chi è in cassa integrazione al 100% da marzo 2014 a causa di un errore di forma non percepiscono alcunché ne dall’azienda ne dall’INPS.
    Fiduciosi in un suo intervento, badi bene, per il solo chiarimento della situazione, non per la sua risoluzione. la salutiamo.
    Le Maestranze della Cicrespi Engineering.

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  2. ezio Bazzarin

    Devo fare una correzione al commento precedente dovuta alla precipitazione con cui è stato da me scritto e chiedo scusa, ma la tensione vi assicuro era alle stelle. Le persone in cassa integrazione al 100% da marzo non hanno percepito nulla DELLE ULTIME MENSILITÀ, non da marzo, perché non erano stati inviati dei moduli di richiesta per il versamento direttamente da parte del INPS, cosa che è stata fatta in questi giorni. La A quanto pare ora l’azienda si sta attivando per riuscire a pagare uno stipendio. La situazione è brutta ma cerchiamo di tenere duro, anche se la fiducia sta cominciando a scemare.

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