Una piccola perla di papa Francesco tratta dalla “Evangelii gaudium” (169).
Parole semplici, rivolte alla Chiesa, ma utili a tutti noi per provare a recuperare un po’ di umanità nelle tante (troppe?) cose che rincorriamo e facciamo.
La fotografia di una civiltà ferita dall’anonimato e malata di curiosità morbosa mi pare un’efficacissima immagine su cui chi fa informazione o, comunque, si preoccupa di avere visibilità deve riflettere con attenzione.
L’invito a commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario andrebbe scolpito a caratteri cubitali davanti alla scrivania di chiunque provi a fare politica.
In una civiltà paradossalmente ferita dall’anonimato e, al tempo stesso, ossessionata per i dettagli della vita degli altri, spudoratamente malata di curiosità morbosa, la Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario. In questo mondo i ministri ordinati e gli altri operatori pastorali possono rendere presente la fragranza della presenza vicina di Gesù ed il suo sguardo personale. La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cfr Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana.
Un richiamo ecclesiale che mi pare sia carico di laicità e profondissima umanità.
Mi sembrava utile condividerlo.