Ripartire dalla strada e non stancarsi mai di stare dalla parte dei più deboli.
E’ uno degli inviti che don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele, ha fatto intervenendo a uno dei “caminetti” che don Antonio Mazzi ha organizzato in questi mesi per celebrare i 30 anni di vita del gruppo Exodus.
Don Ciotti ha spaziato dall’esclusione alla legalità raccontando di come l’unica garanzia per continuare ad essere credibili sia quella di stare in mezzo alle persone, senza l’illusione che basti proclamare principi per risolvere i problemi. Per questo ha voluto ricordare alcuni testimoni che hanno vissuto e pagato in prima persona la propria fedeltà al Vangelo.
Iniziando con i preti sociali della sua Torino dell’800, don Bosco su tutti, don Luigi ha affidato la sua riflessione a figure simbolo della lotta alla Mafia come don Peppe Diana e don Pino Puglisi, per citare poi don Tonino Bello e il cardinal Martini in una sorta di equilibrio ideale tra la strada e la chiesa che ha trovato in Giovanni Paolo II e Francesco due voci limpide e chiare riguardo la necessità di interferire e non tirarsi indietro.
Al centro di tutto deve tornare la passione educativa e il necessario investimento sul futuro che solo dall’educazione può passare; in questo le esperienze di don Ciotti e don Mazzi si saldano e, pur tra le inevitabili diversità di stile e di tono, lanciano una chiara provocazione a una società che ha perso la voglia e la capacità di proporre strade esigenti di crescita e condivisione.
Affido alla vostra riflessione alcune brevi frasi che ho “rubato” all’appassionato intervento di don Ciotti e che ricavo da un personalissimo live-twitting che ho improvvisato durante l’incontro.
Profezia é abitare insieme tempo presente, un tempo in cui il confine tra inclusione ed esclusione é sempre più incerto.
La scuola ci interpella in modo sempre più drammatico, perché in Ita ci sono 6 milioni di analfabeti e perché l’Europa ci richiama per la troppa dispersione scolastica.
Stiamo vivendo drammatica fragilizzazione dei servizi alla persona e alla comunità. Ma, anche di fronte alle minori risorse disponibili, l’accoglienza non può mai venir meno.
Le coordinate della speranza partono sempre dagli ultimi e con loro dobbiamo confrontarci faccia a faccia nella quotidianità.
Educare é primo investimento x una comunità aperta al futuro, a partire da scuola e famiglia. Ma il sogno é la città educativa.
Oggi c’é troppo sapere di seconda mano e per sentito dire, abbiamo bisogno di profondità. La realtà virtuale è una grande opportunità, ma rischia di svuotarci dal di dentro.
L’unità di misura dell’umanità é la relazione. Non dimentichiamoci che abbiamo sempre di fronte persone, non problemi.
Aids e droga stanno tornando, perché a informazione e prevenzione bisogna dare continuità e stabilità.
Prima della legalità viene la responsabilità, ma la responsabilità si testimonia, non si proclama.
Tutti parlano di legalità, ma rischia di essere una parola vuota; per molti é una legalità malleabile e sostenibile. Nel frattempo, in Parlamento, la legge sulla corruzione viene rinviata…
Non esiste l’educazione neutrale, siamo chiamati ad accompagnare non a portare. Bisogna avere passione, di testa e di cuore.
Se trovate qualcuno che ha capito tutto, salutatemelo personalmente e cambiate strada. I dubbi sono piú utili delle certezze.
Un cristiano in Italia deve avere due grandi riferimenti, il Vangelo e la Costituzione. I principi vanno calati nella realtà.
Nel 1984 il card.Martini in Duomo a Milano (in occasione della processione con la croce di San Carlo per il Venerdì santo) parlò della peste del nostro tempo e la associò alla corruzione bianca. Oggi la sperimentiamo con tristezza.
Parole su cui riflettere che provengono da un testimone che ha voluto prendere sul serio l’eredità di coloro che hanno scelto di stare dalla parte dei più deboli, secondo l’atteggiamento che, come ricordava lo stesso don Ciotti, il giudice Rosario Livatino, assassinato dalla Mafia, volle affidare al suo diario segreto: Dio non ci chiederà se siamo stati credenti, ma credibili.