Nell’ordine del giorno della Giunta regionale in programma domani, si legge il seguente punto: “determinazioni in ordine all’attività di alienazione e valorizzazione degli immobili regionali per l’anno 2014 da parte di Infrastrutture lombarde spa”.
Non sappiamo esattamente quale sarà il contenuto della delibera, ma è in singolare consonanza con un comunicato stampa diramato la settimana scorsa dalla Fondazione Irccs Ca’ Granda – Ospedale Maggiore, Policlinico di Milano.
Minimo comun denominatore, la valorizzazione per patrimonio immobiliare di enti collegati alla regione e della regione stessa.
Si legge nel comunicato dell’Ospedale Maggiore: “La due diligence effettuata dai vertici della UOC Patrimonio in carica dal maggio 2012, ha riscontrato notevoli criticità sul
patrimonio rurale: deprezzamento dei canoni, degrado dei fabbricati e elevate passività ambientali (170.000 mq di amianto). La gestione di una proprietà fondiaria così importante (85 milioni di mq, di cui l’1% edificabile e con 90 cascine) richiede competenze nel settore immobiliare e agronomico, che evidentemente esulano dalle competenze in materia sanitaria. Già nel 2002 un’ispezione del Ministero dell’Economia rilevava ciò e proponeva la creazione di una società da dedicare a tale compito di valorizzazione”.
Nasce così il progetto di costituire una fondazione con lo scopo di produrre risorse
finanziarie per la ricerca del Policlinico e di sviluppare la ricerca nella bioeconomia, attraverso una valorizzazione del patrimonio rurale che non prevede l’alienazione.
La nuova fondazione non avrebbe fini di lucro e, in caso di scioglimento, restituirebbe il patrimonio alla Fondazione IRCCS.
Un anno fa, attraverso la gestione del patrimonio immobiliare urbano, erano stati reperiti i 200 milioni necessari per la costruzione dei nuovi padiglioni dell’ospedale, ora, con la gestione del patrimonio rurale, verrebbero recuperati fondi per la ricerca.
Il grande patrimonio dell’Ospedale Maggiore, tra cui i beni rurali – compresi nel territorio fra il Ticino e l’Adda, le Prealpi e il Po – proviene da donazioni di sei secoli, dal XIV ad oggi. Dai possedimenti rurali giungevano all’ospedale entrate d’affitto in denaro, ma anche, fino al XVIII secolo, i prodotti della terra necessari al sostentamento dei ricoverati e alle preparazioni farmaceutiche.
Che cosa accadrà ora?
Il rischio è che si possa assistere alla progressiva strisciante alienazione e alla conseguente fine del patrimonio rurale che da secoli caratterizza la storia dell’Ente, analoga sorte era già stata decretata per quello urbano.
Timori eccessivi?
Qualcuno potrà dire di sì, ma il passaggio a una forma di gestione separata da quella dell’ospedale crea più di qualche dubbio e inquietudine. Soprattutto perché si tratta di un patrimonio dei cittadini milanesi, accumulato in sei secoli di donazioni.
Recuperare risorse per l’ospedale attraverso un più razionale utilizzo dei beni a disposizione non è un’eresia, anzi, si colloca nella scia del senso originario delle donazioni all’ospedale, ma l’utilizzo del verbo “valorizzare” porta all’accensione della spia di allarme. Nel gergo politico/burocratico valorizzare rischia facilmente di scivolare in un’azione molto simile alla vendita.
A proposito di verbi, per il patrimonio di una realtà come l’Ospedale Maggiore andrebbe coniugato il verbo custodire più che il verbo valorizzare o gestire, soprattutto se dietro questi ultimi (e speriamo non accada) si dovesse allungare l’ombra di un altro verbo: speculare.
Tornando alla delibera di domani, sul fronte regionale, la vigilanza spetta al Consiglio, ma il conferimento dell’incarico alla partecipata di Regione Lombardia Infrastrutture Lombarde spa renderà non facile il compito di vigilanza.
Per quanto riguarda l’Ospedale Maggiore, c’è da auspicare che la nuova fondazione che avrà il compito di gestire il patrimonio rurale sia davvero marcata stretta dalla governance del Cda dell’ospedale, affinchè il patrimonio non diventi oggetto di operazioni opache o avventate.