Un anno fa la Lombardia votava e incoronava Maroni come successore di Formigoni.
Sembra passato un secolo.
Vorrei fare qualche considerazione a partire da quanto proponevo come prospettiva commentando, il 27 febbraio 2013, l’esito del voto regionale.
Chiedo scusa per le autocitazioni, ma mi paiono utili per provare a capire che cosa è cambiato in 12 mesi di nuova legislatura.
– sono curioso (senza ironia) di vedere all’opera i consiglieri del Movimento 5 Stelle. Mi auguro che possano dare un buon contributo al consiglio nell’ottica della trasparenza e dell’avvicinamento ai cittadini.
Che dire sui colleghi del Movimento 5 Stelle? Partecipano molto attivamente ai lavori; si chiamano troppo spesso “fuori” quando si tratta di costruire proposte condivise e articolate; si propongono come rappresentanti diretti dei cittadini (e dei vari comitati presenti sul territorio) senza esercitare fino in fondo la mediazione richiesta a chi vuole costruire una proposta per la regione; a volte cercano la visibilità piuttosto che la profondità delle questioni. Mi pare, comunque, che il loro contributo all’attività del Consiglio sia più che positivo, anche se rimangono un po’ troppo sospettosi e arrabbiati con un mondo che, ora, checché ne dicano, è anche il loro.
– spero che Maroni possa dare una mossa alla Lombardia e non si adagi sulla continuità e sulla gestione del potere fin qui costruito. Altro che eccellenza, negli ultimi due anni la Lombardia si è avviata verso il declino. Bisogna valorizzare le forze plurali della Lombardia economica, sociale e culturale. Chiudersi e illudersi che bastino i soldi dei lombardi per uscire dalla crisi sarebbe il miglior modo per confermare il declino.
La mia speranza è destinata a rimanere tale. In questi 12 mesi Maroni non si è mosso al di là di un orizzonte di gestione dell’esistente, di mantenimento/costruzione di buone relazioni con le diverse realtà che contano in Lombardia. Un anno con più continuità che innovazione, più annunci che fatti concreti, più partecipazione a convegni e affini che presenza in Consiglio regionale e guida autorevole della regione. Chiusura e illusione mi paiono ancora termini giusti per una Lombardia che fatica a immaginare e costruire il suo futuro. Non vorrei essere troppo drastico, ma Maroni mi sembra, senza offesa, un presidente della vecchia Lombardia.
– il PD, superato lo choc della sconfitta, deve imparare a rappresentare meglio i lombardi e a parlare a tutti loro. Molto ha già fatto, molto ha da fare. A partire dalle tante belle esperienze di governo sul territorio e dalla libertà di chi non vuole difendere qualcosa, ma intende costruire percorsi concreti di partecipazione e di valorizzazione delle grandi risorse dei lombardi. E poi, non è che abbiamo un po’ esagerato nel parlare di diritti in modo radicaleggiante? Dovremmo forse essere sì più radicali, ma nel proporre comportamenti e azioni all’insegna della trasparenza, della sobrietà e del rispetto delle istituzioni.
Per il Pd è stato un anno complicato, molto complicato, in Lombardia e soprattutto a Roma. L’esito numerico delle recenti primarie per il segretario regionale è lì a mostrarlo. Il malumore striscia fin dentro i circoli. Dobbiamo recuperare la voglia di confrontarci non solo tra anime interne, ma soprattutto con chi opera e vive all’esterno. E’ un compito tutto da svolgere, anche nel gruppo regionale. Insomma, mi pare chi il Pd sia ancora un po’ sotto choc, ma non solo per faccende lombarde.
– il segnale di delusione nei confronti del centro destra è stato netto, ma la fiducia nel centro sinistra è ancora tutta da costruire. Cinque anni di opposizione spaventano (soprattutto dopo aver sognato la vittoria), ma vanno interpretati al meglio per poter essere pronti alla prossima chiamata, senza bisogno di inventarsi percorsi che, alla fine si rivelano fragili e poco affidabili.
Qui siamo ancora al palo. D’accordo, mancano ancora 4 anni di legislatura (ammesso che Maroni regga fino al 2018 e tutto lo lascia pensare), ma l’atteggiamento dell’opposizione in Lombardia è tutto da costruire, dopo aver dato fin troppo credito, in questi primi 12 mesi, al presidente Maroni. Anche la figura di Ambrosoli, non me ne voglia l’amico Umberto, in questo primo anno è rimasta un po’ impantanata nella palude maroniana.
– ultimo, ma non ultimo, non dimentichiamoci dei più poveri e dei più fragili: è lì che si misura davvero l’eccellenza di un’istituzione e la bontà di un’azione politica. Dovremo ricordarlo ogni giorno alla “nuova” maggioranza.
Questa dovrebbe essere la nostra bussola e il nostro cruccio quotidiano. Ammetto che non sempre ce ne siamo ricordati a sufficienza in questi 12 mesi.
Voto sintetico finale a Maroni?
Non più di 5. E per non essere troppo severi, perché non si governa a parole e continuando solo a raccontare che si è più bravi degli altri.
Anche il Pd, però, (e dunque anche il sottoscritto) non mi pare possa andare oltre un 6+. Buone le basi, manca un po’ di entusiasmo e fiducia nei propri mezzi.