Mi è capitato tra le mani un documento, che ho provveduto a rendere adeguatamente anonimo, riguardante la ricostruzione di carriera di un docente. Al di là della forma linguistica burocratese, mi ha colpito la sequenza di date che testimonia il percorso compiuto dall’atto.
Si tratta di una ricostruzione di carriera che prevede il seguente percorso: la scuola di assegnazione del docente mette nero su bianco gli anni di servizio dell’interessato evidenziando scatti di anzianità ed eventuali periodi di aspettativa, invia quindi il documento all’ufficio scolastico territoriale che procede a inoltrarlo all’ufficio regionale che, dopo aver controllato la coerenza dei dati, lo ritrasmette alla scuola che, infine, consegna il documento al docente interessato.
Percorso tortuoso, ma coerente con le disposizioni di legge e lineare dal punto di vista della possibilità di verificare senza troppi problemi la veridicità dei dati. Verrebbe immediato pensare che, essendo il docente regolarmente assunto e registrato nell’anagrafe del ministero, il controllo sia poco più che una formalità.
Sicuri?
Ho dato un’occhiata alle date.
Ed ecco la scansione temporale del percorso prima delineato:
– 23 maggio 2013, la scuola produce il documento
– 4 giugno 2013, viene protocollato dall’ufficio scolastico territoriale
– 18 ottobre 2013, la ragioneria dell’ufficio scolastico dà il suo OK alla pratica
– 19 gennaio 2014, la scuola consegna il documento al docente.
Tempo totale impiegato per un’operazione che un efficiente sistema informatico potrebbe produrre in qualche secondo, 8 mesi (meno 4 giorni).
L’esito del procedimento potrebbe portare anche alla richiesta di restituzione di una parte dello stipendio che magari è stata accreditata al docente senza che ne avesse diritto. E si potrebbe anche parlare di stipendi del 2010 o giù di lì.
Moltiplicate questo iter per i circa 840.000 insegnanti italiani e capite che cosa significa avere un sistema bloccato.
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