A proposito di pensiero e mondo cattolico

19 Gennaio 2014 di fabio pizzul

Nel suo editoriale del 16 gennaio sul Corriere della Sera, intitolato “Un destino parallelo”  (qui il testo completo), Ernesto Galli della Loggia collega le nomine cardinalizie globali di papa Francesco con l’evidente difficoltà della chiesa italiana che rischia di essere sempre più marginale nel dibattito pubblico e meno capace di influenzare la vita sociale e politica del nostro Paese.
Prima di una frase finale che preconizza una nuova possibile primavera, Galli della Loggia non è tenero con i recenti passaggi della Chiesa italiana:

Nel marasma del nostro bipolarismo la Chiesa italiana si è trovata da una parte strattonata da settori politicizzati di laicato di sinistra, e dall’altra corteggiata spregiudicatamente dai vertici politici di destra. Anche se silenziosamente si è di fatto divisa, senza riuscire a costruirsi un ruolo spirituale e politicoculturale proprio. Un ruolo di peso, che si imponesse come tale ai contendenti, che riuscisse a offrirsi a tutto il corpo sociale come uno spazio di riflessione alta e vera, di interlocuzione non formale o «convegnistica». Le è mancata in questi anni una leadership realmente all’altezza della situazione. Ed è per questo che tutto lascia credere che per la Chiesa italiana proprio da qui stia per aprirsi un capitolo nuovo.

Analisi per molti versi condivisibile e realistica. Verrebbe voglia di chiedere al professore di essere più esplicito e di spiegare se con la mancanza di leadership si riferisca solo all’ultima stagione della CEI. Probabile, anche perché molti di voi ricorderanno il grande coinvolgimento dello stesso Galli della Loggia durante la stagione ruiniana. Le difficoltà di oggi potrebbero però venire più da lontano.

Molto denso e interessante, in quest’ottica, è l’articolo di Marco Rizzi  imagepubblicato su “La Lettura” il supplemento culturale del Corriere della Sera oggi in edicola. Rizzi sostiene molto radicalmente, come sua buona abitudine, che il pensiero cattolico non è riuscito negli ultimi decenni a formulare risposte credibili alle sfide che derivano dalla modernità. Tramontata (senza rimpianti, almeno per me) la stagione degli atei devoti, pare essersi inaugurato un ripiegamento spiritualistico che ha di fatto relegato il pensiero cristiano al di fuori dei dibattiti che contano o che provano a definire possibili strade per orientare lo smarrimento globale contemporaneo. Marco Rizzi non trascura tentativi organici, come il teismo di Vito Mancuso o il tentativo di costruire un nuovo umanesimo (evocato a più riprese anche dal cardinal Scola) che rimarrebbe però eccessivamente rinchiuso nell’affaticata cultura occidentale, ma non li ritiene sufficienti.

Potrebbero sembrare riflessioni lontane dalle vicende quotidiane delle comunità ecclesiali o dei singoli fedeli che faticano a staccarsi dalle necessità legate alle faccende di ogni giorno, ma richiamano la necessità di avere un orizzonte più ampio nel quale inserire il proprio impegno personale e comunitario.
Da dove può partire, allora, il capitolo nuovo evocato da Galli della Loggia?
Verrebbe spontaneo pensare al possibile ruolo di papa Francesco, che con la sua azione sta risvegliando interesse e calore attorno alla Chiesa cattolica. Il ruolo del leader, e non solo a livello ecclesiale, è determinante, ma non basta: serve recuperare una capacità di riflessione, approfondimento e confronto diffusa nelle comunità cristiane che paiono negli ultimi anni sempre più preoccupate di difendere quanto si è sempre fatto.
Marco Rizzi chiude il suo articolo ricordando come sia comunque imprescindibile per chiunque voglia definirsi cristiano la risposta alla domanda di Gesù: “E voi chi dite che io sia?”. Che è come dire che ciascun cristiano è chiamato alla responsabilità, oltre l’abitudine a stare al calduccio di percorsi che, in nome di valori più o meno negoziabili o immutabili, rischiano solo di consumarsi in un’abitudinarietà rassicurante che ha poco a che fare con il Vangelo.
Gli articoli da cui sono partito per queste confuse riflessioni aprono più domande che certezze.
Mi pare l’atteggiamento giusto per chi voglia provare a definire un possibile contributo, nuovo e originale, del pensiero e del mondo cattolico alla difficile transizione italiana.
Ammesso e non concesso che si creda nella possibilità (e nell’opportunità) che chi si ispira alla tradizione cattolica possa dare un contributo originale e non voglia semplicemente interpretare il ruolo di chi raccoglie consensi in nome della difesa di valori e realtà sociali sempre più fragili.
Questo mio post ha più l’obiettivo di far leggere i due articoli citati che la pretesa di aggiungere qualche riflessione. Ma il tema mi pare meriti qualche approfondimento e riflessione.

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