L’eredità del cardinal Martini

30 Agosto 2013 di fabio pizzul

Un anno fa il cardinal Martini ci ha lasciati.
In questi giorni si moltiplicano le iniziative in sua memoria, segno della traccia indelebile che il suo magistero è riuscito a lasciare.
Non è facile individuare quale possa essere il modo più adeguato per raccogliere e rendere attuale la sua eredità. Non ho la presunzione di poter offrire indicazioni precise in tal senso. Provo però a condividere alcuni aspetti che penso possano essere in sintonia con quanto chi ha indicato durante gli anni della sua presenza a Milano e quello, non meno fecondi, del suo ritiro, prima a Gerusalemme, poi a Gallarate.
Il rispetto per la Parola.
Un rispetto che nasce dall’ascolto, procede attraverso la disponibilità a lasciarsi interpellare nel profondo e sfocia nella libera messa in discussione del proprio atteggiamento di fronte agli altri e a Dio.
Il coraggio dello stare in mezzo.
Anche nelle situazioni più difficili al credente non è chiesto di ostentare certezze, ma di mantenere aperta la relazione e il dialogo. Stare in mezzo non significa portare soluzioni (magari ideologicamente formate), ma “farsi prossimo”, stare vicini, intercedere, anche con la forza debole della preghiera e dell’affidamento.
La tenerezza dell’incarnazione.
In tempi virtuali e violenti di consumo immediato e definitivo è bello pensare a poter recuperare l’attenzione agli altri a partire dalla concretezza di gesti che ci mettono in discussione, dalla disponibilità di mostrarci fragili e bisognosi di aiuto e dalla custodia del mistero che ci è stato affidato, nella creazione e nella relazione. Secondo lo stile che fu e che è di Gesù.

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