La notizia della perdita in competitività della Lombardia ha trovato ampio spazio sui giornali di oggi. La nostra regione, magra consolazione, rimane la prima in classifica tra le sorelle italiane, ma perde trenta posizioni in Europa rispetto alla rilevazione del 2010, la prima del genere.
E’ vero che la Lombardia rimane nell’esclusivo club dei 4 motori dell’Europa, ma il nostro motore mi pare un po’ imballato.
Sul portare della Commissione Europea, che ha affidato la ricerca alla sua sezione per le politiche regionali, ho trovato una bozza del documento integrale che dovrebbe (a quanto si legge sul sito) essere pubblicato entro settembre.
Una rapida scorsa delle 169 pagine mi suggerisce alcune considerazione sulla base di alcuni dati disaggregati. Dove perde terreno la Lombardia sulla base dei dati del Regional Competitiviness Index (RCI) 2013?
I dati sono raccolti in 11 categorie, a loro volta raggruppate in 3 grandi capitoli definiti “Prerequisiti di base”, “Efficienza” e “Innovazione” (la traduzione è un mio adattamento).
Tra i “Prerequisiti di base” sono comprese la qualità delle istituzioni, la stabilità macroeconomica, le infrastrutture, la salute e l’educazione di base.
Nell’”Efficienza” troviamo l’educazione superiore e la formazione permanente, l’efficienza del mercato del lavoro e la dimensione del mercato.
Nel gruppo “Innovazione” vengono comprese l’aggiornamento tecnologico, la capacità di creare business sofisticato e l’innovazione vera e propria.
La Lombardia è tristemente a metà classifica in tutti e tre i grandi capitoli e risulta così esclusa dalle 100 regioni più competitive in Europa portando alla modifica della geografia della competitività europea rispetto al 2010. Tre anni fa le regioni più competitive erano comprese in una sorta di grade banana geografica che partiva dal sul dell’Inghilterra, passava dal Olanda e Germania e terminava in Lombardia. Oggi la banana si ferma a Nord delle Alpi.
Veniamo al dettaglio delle singole categorie e alle variazioni di cui è stata “capace” la Lombardia.
Mi pare un bel modo per raccontare la storia degli ultimi tre anni della nostra regione, governata (lo ricordiamo al presidente Maroni) dalla stessa sua maggioranza.
Affidabilità e stabilità istituzionale – Lombardia al 200° posto (su 219) con un arretramento dello 67%
Stabilità macroeconomica – il dato è solo nazionale e vede l’Italia al 24° posto (su 28) con un arretramento dello 42%
Infrastrutture – Lombardia al 44° posto con un avanzamento del 78%
Salute – Lombardia 30° con un avanzamento del 60%
Educazione di base – il dato è solo nazionale e vede l’Italia al 19° posto in arretramento del 46%
Educazione superiore e formazione permanente (dato aggregato) – Lombardia 194^ in arretramento del 65%
Efficienza del mercato del lavoro – Lombardia 128^ in avanzamento del 12%
Dimensioni del mercato – Lombardia 29^ in avanzamento dell’86%
Aggiornamento tecnologico – Lombardia 184^ in arretramento del 64%
Capacità di creare business sofisticato – Lombardia 35^ in avanzamento del 64%
Innovazione – Lombardia 98^ in progresso dell’1%
L’aggregazione di questi dati porta la Lombardia a perdere nei prerequisiti di base lo 0,8%, a guadagnare l’1% in efficienza e a perdere lo 0,8% in innovazione. Il tutto la colloca al 128° posto tra le 262 regioni europee, con un miglioramento dello 0,1%.
Insomma, la Lombardia è ferma, mentre altre regioni europee crescono. Per questo perde 30 posti in classifica.
Vi ho stordito di numeri che ho tentato di semplificare il più possibile. I più coraggiosi possono dare un’occhiata alla bozza del rapporto (qui il link per scaricarlo); io mi permetto alcune ultime osservazioni, in attesa della versione definitiva del rapporto.
La Lombardia regge nella sanità, nelle infrastrutture (Expo in questo ha aiutato molto) e nella capacità di essere presente sul mercato. Per fare il salto di qualità, o meglio, per non perdere il treno dell’Europa deve lavorare molto su formazione, mercato del lavoro, innovazione e aggiornamento tecnologico.
Pensare di dare la colpa agli altri (è quello che Maroni ha fatto addebitando i modesti risultati lombardi al governo Monti) è la cosa peggiore. Meglio provare a fare tesoro delle indicazioni (tutte da interpretare) offerte dall’RCI 2013 e cominciare a fare reali politiche regionali, andando oltre l’illusione che possa bastare gestire l’ordinaria amministrazione e bearsi di una sempre più presunta eccellenza lombarda.