Lo scorso lunedì, 19 agosto, Roberto Bruni, presidente della Giunta per le elezioni, ha convocato d’urgenza l’Ufficio di Presidenza per affrontare il tema dell’incompatibilità del vice presidente della Lombardia Mario Mantovani. La questione pareva chiusa con il voto del Consiglio che a fine luglio prendeva atto delle sue dimissioni da sindaco di Arconate, ma in data 4 agosto (domenica!) il consiglio comunale ha respinto le suddette dimissioni.
Per sanare questo vero e proprio “vulnus” istituzionale, la Giunta per le elezioni ha ora convocato in audizione lo stesso Mantovani il prossimo 3 settembre.
Ci saranno sicuramente problemi più gravi in Lombardia, ma l’ostinazione con cui un consigliere regionale (e vice-presidente di Giunta) vuole mantenere anche il ruolo di sindaco merita qualche riflessione.
La legge sull’incompatibilità si può ritenere ingiusta e si può anche criticare, ci mancherebbe, ma finchè è in vigore va rispettata. Come tutte le leggi.
Pensare che in virtù della cosiddetta volontà popolare si possa passare sopra qualsiasi legge è indice di scarsa sensibilità istituzionale ed è atteggiamento che rischia di aprire contenziosi davvero difficili da gestire e forieri di sicuri imbarazzi istituzionali.
Il consenso popolare maturato attraverso il voto è elemento importantissimo per la democrazia, ma va anche utilizzato in modo corretto e non trasformato in una sorta di lasciapassare personale per collocarsi in una sorta di extra-territorialità giuridico legislativa. Il consenso può essere utilizzato per cambiare le legge, ma non autorizza a non rispettarle. Per tacere poi delle sentenze.
L’atteggiamento di Mantovani purtroppo non è isolato.
Ma qui mi fermo, perchè il terreno rischia di essere scivoloso e di portare molto più lontano della Lombardia.
La legittimazione popolare è stata usata da quasi tutti i dittatori per sancire il proprio potere. Questo atteggiamento ha ben poco a che fare con la democrazia, anche se ad essa si richiama.