Da ieri il Belvedere del Pirellone è dedicato ad Enzo Jannacci.
Ringrazio il presidente della Lombardia Maroni e l’assessore alla cultura Cappellini per aver accolto l’idea che avevo lanciato a pochi giorni dalla morte del grande cantautore milanese.
Alla cerimonia era presente il figlio Paolo che ha molto apprezzato l’iniziativa e ha definito quello di ieri un giorno felice per lui e per il padre.
Qui di seguito alcuni passaggi del mio intervento al Belvedere.
Nei giorni immediatamente successivi alla morte di Enzo Jannacci, oltre ad aver partecipato all’abbraccio corale di Milano al Teatro Dal Verme e nella Basilica di Sant’Ambrogio, ho voluto percorrere in scooter, nonostante la piovosa primavera milanese, i luoghi che Enzo ha cantato: l’Ortica, Rogoredo, l’Idroscalo… Lungo quei tragitti mi è venuta l’idea di dedicargli il Belvedere del Pirellone. Un grattacielo che è il simbolo della Milano del boom, una straordinaria opera della creatività milanese che tutt’ora si distingue per essere il più alto edificio europeo in cemento armato ed ha la particolarità di affacciarsi su una piazza, cosa insolita se non unica per un edificio di queste dimensioni.
Il Pirellone è legato alla Ricostruzione e al boom economico, a quella Milano che ha saputo dare il meglio di sé in un momento difficilissimo.
Se il Pirellone è il simbolo di quel periodo, Giorgio Gaber ed Enzo Jannaci sono stati due degli artisti che meglio lo hanno raccontato e accompagnato con le loro canzoni e la loro poesia.
La poesia e’ la forma migliore per raccogliere i pensieri e le vicende della gente in modo vero e profondo, rappresentandoli nella loro versione piu’ suggestiva e reale. Un talento che Jannacci ha saputo sviluppare molto bene, diventando voce viva della gente.
Visto che qualche anno fa è stato dedicato l’auditorium al piano interrato del palazzo a Giorgio Gaber, mi è sembrato suggestivo poter pensare a intitolare a Jannacci l’estremo opposto, il Belvedere.
Un luogo da cui si ha una visione unica e insolita di Milano, proprio come quella che ha saputo offrire Enzo con le sue canzoni e la sua forza poetica di raccontare la gente semplice, gli ultimi e di sintetizzare in loro l’anima più autentica di Milano.
Jannacci usava il dialetto, ma parlava cinque lingue (inglese, francese, tedesco, svedese e un po’ di russo). Ha fatto il medico perché il padre voleva che imparasse cosa è la sofferenza e a stare vicino alla gente. E lo ha fatto come medico (fantasista diceva lui) e come cantante, o meglio, come poeta.
Jannacci ha letto Milano nel profondo, scrutando orizzonti che ad altri risultavano oscuri.
Basta ricordare alcune sue canzoni.
Quelli che la mafia non ci risulta, oh yes!
Quelli che hanno cominciato a lavorare da piccoli, non hanno ancora finito e non sanno che cavolo fanno, oh yes!
Quelli che ti spiegano le tue idee senza fartele capire, oh yes!
(Quelli che… 1975)
Seduto a riposare come fosse sabato
Mangiata pasta scotta come fosse un principe
Bevuto e singhiozzato come fosse un naufrago
Ballato e riso come se si sentisse musica
Ed inciampò nel cielo come ubriaco fradicio
E fluttuò nell’aria come fosse un passero
E cadde giù per terra come un pacco flacido
Agonizzando in mezzo del passaggio pubblico
E’ morto contromano disturbando il traffico
(La Costruzione, 1977)
In “Quando il sipario calerà” Jannacci si chiedeva:
Ma vale tanto una canzone? E rispondeva: Ma chi lo sa.
Oggi noi possiamo rispondere che una canzone vale tantissimo, perché ci aiuta a leggere nel profondo la città e a percepirne l’anima più profonda.
Jannacci è stato un medico, un cantante, un poeta che però, proprio in questo palazzo, ci offre qualche indicazione e forse anche monito per chi fa politica:
– Enzo aveva un mestiere con cui vivere e ha vissuto la sua passione per la musica
– Enzo aveva una vita tranquilla, ma ha scelto di cantare e mettersi dalla parte dei poveri e dei disgraziati
– Enzo cantava in modo dissacrante e ironico, ma a partire da una solida competenza musicale, culturale e scientifica
Elementi e provocazioni preziose per chi fa politica.
Jannacci ha scelto di avere uno sguardo diverso sulla cittá, proprio come quello che si gode da quassù: non per stare lontano dalla gente, ma per stare in mezzo a coloro che hanno costruito e fatto grande Milano. Jannacci lo ha capito e ce lo ha raccontato con una visione d’insieme che è tipica dei poeti e che la politica ha spesso fatto fatica ad avere.
Grande Fabio! Non solo Cerimonia di memoria. Ma hai saputo proporre Enzo Jannacci come maestro di politica e Poeta geniale dell’anima milanese. Per la borsa Valori (come Enzo cantava) e’ davvero una buona giornata!!