Ore convulse per il Partito Democratico.
Pierluigi Bersani ha confermato davanti alla direzione nazionale le sue dimissioni.
Il risultato della direzione è stato netto con l’approvazione a larghissima maggioranza di un documento con cui il partito dà pieno sostegno al tentativo del presidente Napolitano di dare vita a governo “mettendo a disposizione la propria forza parlamentare e le proprie personalità”.
Ma in queste ore si assiste anche a duri scontri, soprattutto sui media, tra diverse e legittime posizioni all’interno del PD.
Non mi pare il modo migliore per uscire dal buco in il partito si è cacciato.
Questo il testo dell’ordine del giorno approvato:
La Direzione del Partito Democratico dà mandato al Vice-Segretario e ai Capigruppo alla Camera e al Senato di assicurare pieno sostegno al tentativo del Presidente della Repubblica di giungere alla formazione del governo, raccogliendo la sollecitazione ai partiti a esercitare la loro responsabilità, secondo le linee illustrate nel discorso di insediamento al Parlamento, e mettendo a disposizione la propria forza politica e le personalità utili a questo fine.
In particolare, l’adozione di misure urgenti, in sede europea e nazionale, per fronteggiare l’emergenza economico-sociale, in particolare il lavoro, e l’approvazione in tempi certi delle necessarie riforme in materia istituzionale, elettorale e di contenimento dei costi della politica sono le due priorità sulla base delle quali il Partito Democratico si impegna a sostenere il governo.
Tra poche ore sapremo a chi Napolitano affiderà l’incarico di formare il governo.
Nel frattempo, tra gli iscritti, i simpatizzanti e gli elettori del partito serpeggia lo smarrimento e si moltiplicano diverse prese di posizione, da quelle di più convinto sostegno a Napolitano a quelle più critiche e negative.
In attesa dell’ormai (probabilmente) imminente congresso, la dirigenza del PD, a livello nazionale e locale, mi pare abbia la responsabilità di stemperare le tensioni e favorire il dibattito, anche aspro, per definire il profilo del PD e la linea con cui stare al fianco di un governo non suo, ma appoggiato sui suoi voti e sull’autorevolezza del Presidente della Repubblica.
Il mandato della direzione nazionale è stato chiaro, ma il dibattito nel partito non va soffocato. Ad una condizione: che si evitino i personalismi e le fughe in avanti. Soprattutto da parte di chi ha la responsabilità di gestire il cammino verso il congresso.
Il malcontento nei confronti di un eventuale governo di larghe intese è palpabile, ma le parole dei presidente Napolitano sono state chiarissime e inequivocabili. Fare finta di nulla non è serio.
Serve allora una chiara gestione collegiale del partito per favorire il confronto e arrivare a un congresso che definirà la linea di maggioranza del partito e sceglierà a chi affidarne la gestione. E allora sarà più facile e sensato esprimere a muso duro una posizione critica nei confronti delle scelte promosse dal presidente Napolitano. Prima di allora è opportuno e necessario confrontarsi, ma è fondamentale non voltare subito le spalle al Presidente della Repubblica che, suo malgrado, ha accettato di togliere i partiti e il Paese dalla palude.
A meno che non si intenda andare a votare domattina.
E personalmente non lo auspico e non lo credo lungimirante.