In questi giorni Bersani ha rispolverato una grinta che non sarebbe guastata in campagna elettorale. Ho già avuto modo di scrivere come mi pare che una (non certo l’unica) delle motivazioni del deludente risultato elettorale sia stata proprio la tiepida campagna elettorale del PD a livello nazionale e regionale. L’inconfessabile idea di aver la vittoria in tasca ha portato i dirigenti del partito a pensare fosse sufficiente non fare errori per raccogliere il risultato degli scandali e delle difficoltà degli avversari.
La rabbia e la paura degli italiani non si sono però concentrate solo sul centro destra, hanno colpito in maniera equanime tutti i “vecchi” partiti e premiato in modo chiaro e indiscutibile il Movimento 5 Stelle.
Ora Bersani riparte da “8 punti 8” per tentare di prendere in mano il pallino della governabilità.
L’intervista di Bersani a “La Repubblica”.
Qualche mia considerazione al proposito.
Prima di tutto gli 8 punti, secondo quanto dichiarato da Bersani in un’intervista a Massimo Giannini de “La Repubblica”:
Il primo tema è l`Europa.Voglio che il prossimo governo ponga una questione dirimente, di cui ho parlato al telefono con Hollande l`altroieri: l`austerità da sola ci porta al disastro. In sede europea, tutti devono mettersi in testa che il rientro dal debito e dal deficit è un tema che va spostato nel medio periodo: ora c`è un`altra urgenza assoluta, il lavoro. Il secondo tema è quello sociale. Il disagio è troppo forte, i comuni devono poter aprire sportelli di sostegno, bisogna sbloccare subito i pagamenti della PA alle imprese e introdurre sistemi universalistici negli ammortizzatori sociali. Il terzo tema è la democrazia. Il nuovo governo, immediatamente, deve dimezzare il numero dei parlamentari, abbattere gli stipendi al livello di quelli dei sindaci, varare leggi che regolino la vita dei partiti e non solo per i finanziamenti, che inaspriscano drasticamente le norme anti-corruzione e che regolino finalmente i conflitti di interessi. Ciascuno di questi punti si tradurrà in un specifico disegno di legge, che giorno dopo giorno farò pubblicare in rete già da giovedì mattina. Questo mi offrirà la gradevole opportunità di rilanciare anche qualche vecchia idea, come la creazione di un ministero per lo Sviluppo Sostenibile, visto che l`economia verde deve essere il cuore del nuovo governo che ho in testa.
Provo a mettere gli 8 punti in un elenco per provare a essere più chiaro:
1 – Europa, oltre l’austerità per sviluppo e lavoro
2 – Emergenza sociale, sportelli di sostegno presso i comuni, sblocco pagamenti della pubblica Amministrazione alle imprese, sistema universalistico di ammortizzatori sociali
3 – Dimezzare parlamentari
4 – Diminuire stipendi parlamentari fino al livello dei sindaci
5 – Legge per la democrazia interna ai partiti e per riduzione finanziamenti
6 – Norme anticorruzione
7 – Legge contro conflitto di interessi
8 – Sviluppo sostenibile, economia verde
Mi pare di aver capito che gli 8 punti siano questi, anche se non ho trovato traccia di un elenco ufficiale sul sito del PD o su quello di Bersani, ma magari ho cercato troppo superficialmente.
Bisogna subito chiarire che la proposta definitiva emergerà dalla Direzione nazionale di mercoledì prossimo, ma a me resta un dubbio: possibile che non si riesca mai a essere precisi e inequivocabili?
Annunciare in un’intervista di avere i punti e non declinarli subito in modo chiaro è solo un modo per fare confusione e ingenerare ulteriore smarrimento in chi è in cerca di idee semplici e praticabili.
I punti snocciolati da Bersani mi paiono più che condivisibili, ma nell’intervista a “che tempo che fa” lo stesso segretario del PD ha evocato anche altri temi, quali i diritti e la cittadinanza.
Ma allora, quali sono ‘sti 8 punti?
Se verranno ufficializzati solo dopo la decisione della direzione, perché gettarli subito in modo approssimativo in pasto ai media e a un’opinione pubblica che non farà altro che macinarli e ri-macinarli da qui a mercoledì? Con il risultato, non certo felice, di offrire l’immagine di un Partito Democratico sempre alla ricerca di una linea ed esposto a un dibattito continuo e, sostengono i suoi detrattori, inconcludente.
Comprendo la necessità di Bersani, anche dopo le interviste di Veltroni e D’Alema, di non essere messo nell’angolo e di ribadire come dopo le elezioni lui è sempre in sella, ma era proprio necessario esporsi così su “La Repubblica” e su Rai3?
Condivido il suo atteggiamento di comandante che non abbandona la nave, ma, per stare alla metafora, è necessario anche che l’equipaggio e i passeggeri abbiano indicazioni chiare e univoche e non semplici spunti di discussione. La democrazia interna di un partito è una cosa seria e per questo non mi pare utile arrivare alla direzione nazionale con un pacchetto di proposte già bell’e che discusse altrove e solo da ratificare dopo una discussione in cui l’obiettivo rischierà di essere solo quello di ottenere visibilità personale.
Vero è che il momento decisivo sarà quello in cui Bersani proporrà al Presidente della Repubblica le sue idee per uscire dallo stallo dell’ingovernabilità e che sarà il suo eventuale discorso in Parlamento a chiarire definitivamente e inequivocabilmente le proposte, ma possibile che si debba sempre e solo dare l’immagine di un partito in eterno dibattito? Quasi che la sua ragione sociale dovesse essere proprio questa piuttosto che quella di proporsi come guida autorevole per il Paese?
Tra un partito personale e leaderistico e un partito che punta sulla democrazia interna io non ho dubbi: scelgo il secondo. Ma i meccanismi di discussione e di decisione devono essere efficaci ed efficienti e non servire unicamente a rafforzare le posizioni e gli equilibri interni.
In quest’ottica e a scanso di equivoci, mi pare opportuno riproporre l’ultima domanda di Giannini a Bersani e la sua risposta:
Segretario, dica la verità. Quanto pesa l`istinto di sopravvivenza delle nomenklature?
“Non scherziamo. Qui c`è un Paese da salvare. Per quel che riguarda me chi pensa che sia in gioco una questione personale o è un meschino, o è un cretino”.
Per quel che riguarda Bersani, sono convinto che sia davvero così.
Spero che lo stesso valga a tutti i livelli del PD. A Roma e in periferia.
Condivido tutto quello che hai detto.
Manca però una cosa agli 8 punti e al tuo commento: una nuova legge elettorale che permetta di agire nel profondo, non solo cambiando il modo di fare la scheda elettorale ma anche il modo di poter creare una lista, elevando le firme da produrre per presentare una lista e poi produrre sane regole interne ai partiti, triturando il listino bloccato e facendo scegliere alla periferia e non il vertice i candidati con delle primarie “vere e libere”.
Solo così ci si può togliere di mezzo partitucoli creati solo per fregarsi un rimborso elettorale e cariatidi attaccate al cadreghino per nulla animate dal desiderio di servire realmente il proprio paese.
Grazie e buon lavoro.
Un caro saluto
Sa caro Fabio, lei ha scritto con quella pacatezza forte e chiara che sto imparando a riconoscerle delle valutazioni e delle domande non solo pertinenti ma soprattutto centrate. Però rimane qualcosa che mi sfugge nella valutazione generale. Non so se riesco a mettere in ordine in poche parole le suggestioni che sto cercando di elaborare. Primo: la scelta di M5S non è figlia dell’ultima estenuante campagna elettorale ( e se vogliamo neppure totalmente del governo Monti – è paradossale lo è ancor di meno del precedente governo Berlusconi forse) ma è un processo che dura a mio avviso da anni e che Grillo ha avuto il merito di incanalare (o inglobare) con metodi discutibili ma io credo con una sincera indignazione di fondo (che abbia una deriva pericolosa posso ammetterlo, ma credo che la sorgente sia sincera), Secondo; mi riallaccio a una frase di Serra di oggi: La democrazia è gentile e mediocre, e fa del limite il suo vero dogma. Vede, sulla base di queste parole, nella situazione della nostra nazione, non avrei voluto una campagna elettorale grintosa, ma sincera, le lacrime e il sangue non sono finiti, però occorre ridistribuire il peso dei sacrifici e diminuire la forbice sociale. Però guardi che di caste non c’è ne è una sola. Non è solo la casta politica che fa la rovina dell’Italia, il lavoro da fare è di una ricostruzione sociale e culturale immenso, lungo e faticoso. Ma forse ha più appeal chi urla o promette di più. Credo che la complessità e gli intrecci ormai sedimentati di reciproco appoggio di piccole e grandi caste (a ogni proposta la lobby , la categoria, la casta colpita dice immancabilmente: noi abbiamo già dato) impediscano a chi vuole essere razionale e sincero il gesto di Alessandro a Gordio. Non abbiamo alternative che scioglierlo questo nodo. Comunque lei ha molte ragioni e la ringrazio per la riflessione
Bersani: 8 punti sulla testa… andate a lavorare!