Rabbia e paura dominano le elezioni

26 Febbraio 2013 di fabio pizzul

L’esito del voto non si discute, si accetta. Gli elettori sono, per fortuna, i sovrani del nostro Paese e il loro responso cancella con un tratto di matita copiativa le discussioni, le previsioni e i sondaggi. Prima e dopo il voto entra in azione la dimensione razionale, con il voto prevale quella emozionale e vitale. In attesa dello scrutinio delle schede delle regionali lombarde, propongo qualche riflessione sul voto nazionale che mi pare dominato da due sentimenti: la rabbia e la paura.

Rabbia e paura, dunque. E badate bene, il mio non vuole essere un giudizio su come hanno votato gli italiani. Tento solo di proporre un’interpretazione a caldo del flop (ormai una costante) di sondaggi della prima e dell’ultima ora e delle scelte elettorali di chi ha voluto (meritoriamente) recarsi ai seggi.
Negli ultimi mesi la politica italiana è stata dominata, almeno ufficialmente, dalla dimensione razionale che ci ha condotto all’illusione di aver cambiato i sentimenti profondi del Paese.
Il governo Monti, prima della sua misera fine e della salita in politica del premier in carica, aveva dato l’illusione che anche in Italia si potesse inaugurare una stagione fatta di numeri, statistiche, rispetto delle regole, sobrietà e serietà.
La campagna elettorale ci ha ricondotto agli umori più profondi del Paese, cui non si è sottratto neppure Mario Monti, nel poco riuscito ruolo di chi tentava di uscire dal freddo delle cifre per fare appello al cuore (o alla pancia?) degli italiani. C’è chi ha parlato molto bene soprattutto alla pancia dei nostri connazionali ed è il duo Berlusconi Grillo, agli antipodi per quanto riguarda la lettura politica, ma molto vicini per le modalità di approccio al pubblico degli elettori.
In questo panorama, Bersani ha finito per parlare solo a quelli che avevano già deciso di sostenerlo, senza trovare lo spazio per far entrare nel dibattito politico e nella campagna elettorale i concetti di speranza e giustizia che hanno fatto da cornice alla sua corsa.
I sondaggi delle scorse settimane hanno fotografato il dover essere degli italiani che hanno provato a credere di trovarsi a loro agio pensando alla speranza e alla giustizia, il voto ha fatto però emergere il vero spirito del tempo, nascosto in ciascun elettore e fatto di rabbia e di paura.
La rabbia ben si spiega con il fiorire di scandali su scandali e la sensazione che la politica si sia mossa a distanza siderale dalla vita quotidiana della gente. Se poi si pensa alla mancata riforma della legge elettorale, al mancato taglio dei parlamentari, alla legittima ma spesso incomprensibile autodifesa o autogiustificazione dei politici ad ogni livello… La rabbia supera il livello di guardia.
La paura è pane quotidiano di chi vede sfuggirsi di mano la pensione (anche solo l’indicizzazione), il lavoro, il futuro per i propri figli, la convinzione di essersi sistemato… Se a questo si aggiunge l’impressione offerta dal centro sinistra che i problemi reali degli italiani si concentrassero solo sui diritti (ragionamento teoricamente condivisibile, ma praticamente incomprensibile ai più), la paura di vedersi ancora di più sfuggire di mano le poche certezze accumulate è diventata ancora più palpabile. Nella paura c’è poco di razionale, ma molto, anzi moltissimo di reale.
E proprio sulla base della rabbia e della paura lascio aperto qualche spiraglio per le elezioni regionali in Lombardia.
La rabbia per come è finita la stagione formigoniana e per come sono state trattate le istituzioni regionali è diffusa. La paura di consegnare la Lombardia a una possibile chiusura in chiave leghista è più diffusa di quanto si creda anche nell’elettorato che a livello nazionale ha fatto altre scelte di voto.
Tanto basta per attendere con curiosità lo spoglio delle schede che i lombardi hanno infilato nell’urna delle elezioni regionali.
Con il realismo di chi è ben consapevole che Ambrosoli ha parlato alla dimensione razionale dei lombardi e Maroni ha puntato su quella più “animale” (termine da leggere nel senso vitale e non dispregiativo). Nessuno, almeno mi pare, è riuscito a parlare al loro cuore.
La Lombardia è la più illuministica delle regioni italiane, ma è anche quella dove hanno messo radici i movimenti più viscerali.
Tra poche ore sapremo quale di queste dimensioni ha avuto il sopravvento.

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