Verso il voto: tra valori e concretezza

19 Febbraio 2013 di fabio pizzul

Mi sono imbattuto in questi giorni, leggendo un interessante testo di Giovanni Kirschner, “Il tempo dell’esilio – cristiani in minoranza oggi in Europa” (ed. Emi), in una breve riflessione riguardo il tema dei valori. Condizionata dalla crisi economica e dal fiorire di scandali di varia natura, l’ormai finita campagna elettorale non ha cavalcato più di tanto (e forse non è un male) i temi etici. La domanda (o provocazione) di fondo sulla compatibilità tra principi cristiani e impegno politico nei diversi schieramenti rimane però sullo sfondo di molti ragionamenti e delle possibili scelte elettorali.
Riporto qui di seguito uno stimolante passaggio del libro di Kirschner che cita Dietrich Bonhoffer.

Non è servito il moralismo di chi ha enunciato i valori da difendere e ha lanciato condanne e scomuniche.
“Più impressionante è stato il naufragio di ogni fanatismo etico. Con la purezza dei principi il fanatico pensa di poter affrontare la potenza del male. Ma come il toro, egli colpisce il drappo rosso invece di chi lo porta, si sfinisce e soccombe. Egli s’impiglia in ciò che non è essenziale e cade nella trappola del più scaltro” (da “Resistenza e resa”)”
Difendere i principi è un falso obiettivo che non va al cuore del problema. Di più: dà l’impressione al cristiano di aver fatto la propria parte, di aver proclamato la verità di Dio, e con questo di aver esaurito il proprio compito. Ma non basta annunciare la verità, se questo annuncio cade nel vuoto e non incide nella vita di chi ascolta, così che il male prosegue indisturbato la propria corsa. Il cristiano non può accontentarsi di una sterile ortodossia che gli dà l’illusione di avere la coscienza a posto solo perché ha enunciato in maniera corretta i principi della dottrina e della morale e ha denunciato il peccato degli altri. Questo significa che egli si è preoccupato unicamente della propria posizione, della propria coerenza con i principi della fede, ma non si è realmente messo in gioco per cambiare le cose.
Una simile visione individualistica è alla base di chi sceglie
“il rifugio in una virtù privata. Egli però deve chiudere occhi e bocca davanti all’ingiustizia che lo circonda. Solo a prezzo di un autoinganno egli può mantenersi puro dalla contaminazione che proviene da un agire responsabile. In ogni sua azione quel che tralascia non lo lascerà tranquillo. O questa inquietudine lo rovinerà oppure diventerà il più ipocrita di tutti i farisei” (ibidem).
E’ un’illusione quella di potersi salvare da soli, quella di dire: “Ma io non ho fatto niente”, trincerandosi dierto la propria innocenza per non coinvolgersi nelle sofferenze e nelle colpe degli altri. (…) Bonhoeffer chiede che il cristiano si senta responsabile non solo del proprio destino individuale, ma anche di quello collettivo del popolo a cui appartiene. (…)
“La questione ultima per la mia responsabilità non è come io in questa faccenda possa uscirne da eroe, bensì come la prossima generazione possa continuare a vivere. Solo da tale questione responsabile davanti alla storia possono sorgere soluzioni fruttuose, anche se per il momento molto umilianti” (ibidem).

Una riflessione interessante per chi fa politica, ma anche per chi è chiamato ad esprimere il suo voto. Anche nelle ormai imminenti elezioni. Il disimpegno, la distrazione, il rifugio in una privatistica e individualistica affermazione di valori rischiano di sconfinare nel campo dell’omissione, peccato spesso dimenticato, ma tipico della stagione dell’indifferenza e dell’individualismo che stiamo da tempo attraversando.

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