Poca gente in corteo, complici i frequenti e cattivi scrosci di pioggia.
Un po’ più di partecipanti al momento conclusivo in piazza della Scala per un 1° maggio all’insegna della speranza di un lavoro che sembra essere sempre più sfuggente e precario. Anche per chi, fino a qualche tempo fa, pensava di poter riposare su certezze consolidate.
Tante storie si rincorrevano questa mattina per le strade di Milano.
Quelle di stranieri che, grazie al lavoro, si sentivano sulla via dell’integrazione e ora ripiombano in un’incertezza priva di futuro.
Quelle dei cosiddetti “esodati”, costretti in un limbo colmo di rabbia per una situazione che non hanno cercato e che ora ruba loro anni di stipendio o pensione.
Quelle di giovani che non riescono a capire come i lunghi anni di formazione possano trasformarsi in un percorso lavorativo degno di questo nome.
Quelle di cassintegrati e lavoratori in mobilità che non vedono, in fondo al tunnel, se non la prospettiva di un lavoro che non c’è più.
Quelle di precari che dall’entusiasmo della sfida sono ormai passati all’incubo di un’instabilità che non è solo lavorativa, ma abbraccia tutta la loro vita.
Accanto a queste e tante altre storie le bandiere di sindacati e partiti che tentano di costruire percorsi e risposte per un mondo del lavoro che sta cambiando in modo vorticoso e per il quale si faticano a trovare soluzioni che possano far pensare a una stabilità ormai perduta.
E, se all’ingresso di corso Venezia sembrava di essere tornati alla Stalingrado di metà Novecento, con più bandiere rosse e inni proletari che persone per strada e con fogli informativi dai nomi nostalgici, man mano che ci si avvicinava a piazza della Scala comparivano, sotto i cappucci e gli ombrelli i volti e le domande di chi vive tutte le incertezze dell’oggi, da lavoratore o da rappresentante politico e sindacale.
Dal palco i segretari confederali hanno affidato alla piazza le loro proposte e le richieste a un governo che oggi i pochi cori scanditi durante la manifestazione proponevano come distante e tendenzialmente nemico. Più concilianti e comunque propositivi gli interventi dei segretari, a partire dal segretario della Camera del Lavoro Onorio Rosati che ha chiesto: “Una politica industriale, perché senza non si va da nessuna parte; un fisco che sia vicino a lavoratori e pensionati, i cui redditi sono ridotti al minimo; un piano straordinario per la disoccupazione giovanile visto che abbiamo ormai circa 2,2 di giovani senza lavoro e che non studiano”. E ancora: “La situazione è drammatica e rischia senza risposte di diventare ancora più grave. Monti ha fatto una manovra senza equità e ha colpito i soliti noti. Fra l’altro queste misure rischiano di non avere alcun effetto”.
In piazza della Scala campeggiava anche uno striscione di una comunità evangelica che ricordava: “Dio non ti licenzierà mai!”. Un certezza, senza dubbio, alla quale però non possiamo fermarci.
L’obiettivo è che nessuno si senta abbandonato anche dalla politica e dalle istituzioni che hanno, certamente, meno poteri del “Principale” di cui prima, ma devono mantenere una grande responsabilità, soprattutto nei confronti di chi è ai margini del mercato del lavoro.
Un I maggio per sentirsi meno soli
1 Maggio 2012 di fabio pizzul
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