In un incontro organizzato presso il salone Clerici delle Acli milanesi l’associazione LibertàEguale ha messo attorno a un tavolo i leader regionali dei partiti che oggi si pongono all’opposizione rispetto a Formigoni.
Si ragiona della crisi del modello Formigoni e delle prospettive future per la Lombardia. C’é la consapevolezza che l’esperienza del Celeste sia ormai al tramonto, ma anche la percezione che non ci sia ancora una reale alternativa.
Durante il dibattito ci si é a più riprese chiesti se i partiti siano in grado di intepretare in modo credibile e potenzialmente vincente l’attuale momento di transizione in Lombardia.
In vista dell’incontro, ho preparato una breve riflessione scritta. Ve la propongo qui di seguito.PER LA LOMBARDIA DI DOMANI
Parlare di crisi del modello Formigoni ormai non è più un tabù. Le vicende giudiziarie degli ultimi mesi e le continue frizioni all’interno della maggioranza regionale sono lì a dimostrare come il sistema che ha retto da più di quindici anni la regione più ricca d’Italia mostri crepe evidenti e un ormai cronico deficit di trasparenza e credibilità.Lascio ad altri un’analisi più approfondita delle cause e degli effetti di una crisi ormai conclamata e mi concentro su possibili prospettive che possano restituire alla Lombardia il ruolo che le compete e ai lombardi un po’ di fiducia in un futuro che pare sempre più nebbioso e incerto.Mi limiterò a tre suggestioni che possono, a mio giudizio, rappresentare tre nuclei interessanti per costruire una diversa idea di Lombardia.
UNA LOMBARDIA IN RETE
Occorre superare un modello centralistico che ha visto la regione calarsi sempre più nel ruolo di gestore di politiche abbandonando le funzioni regolatrici e di coordinamento che le erano state affidate nel disegno costituzionale. I ricorrenti conflitti tra istituzioni di diverso livello, la cronica incapacità di mettere in campo soluzioni condivise e la difficoltà a promuovere un reale protagonismo degli enti locali hanno frenato le potenzialità di una regione come la Lombardia che può vantare straordinarie esperienze di buona amministrazione locale, ma fatica a metterle a sistema. Ragionare in una logica di rete significa far sì che la regione si trasformi in un catalizzatore delle forze operanti sul proprio territorio e possa, in una logica di programmazione che non mortifica, ma semmai valorizza, la libera iniziativa e indica strade di un possibile sviluppo sostenibile, condiviso e innovativo. Una Lombardia davvero in rete potrebbe andare oltre la logica centralistica che vede la regione gestire ingenti risorse senza che però da queste nascano effettive occasioni di reale valorizzazione di territori che diventano sempre meno attrattivi anche in termini economici. Va da sé che la logica della rete può garantire significativi guadagni in trasparenza e coesione territoriale, a patto che venga giocata in termini di apertura (tecnologica e culturale), di inclusione (attenzione particolare all’accompagnamento delle fragilità) e di facilità di accesso. La stessa macchina amministrativa regionale ha enormi margini di miglioramento e dovrebbe superare l’ormai sclerotica visione verticistica di un controllo piramidale che si è sempre più trasformato in una sorta di culto dell’eccellenza o della personalità del presidente.
UNA LOMBARDIA SOSTENIBILE
Il futuro deve fare necessariamente i conti con le risorse, siano esse umane, naturali o economiche. La sostenibilità umana di un territorio passa dalla possibilità che chi vive in esso possa trovare opportunità adeguate per mettere a frutto le proprie capacità, per sviluppare relazioni significative e per costruire condizioni di benessere individuale e sociale. La sostenibilità naturale passa da un corretto utilizzo del territorio (il consumo di suolo è un tema critico e centrale) e da una gestione equilibrata delle fonti energetiche e delle altre risorse naturali. La sostenibilità economica poggia sulla capacità di creare lavoro, di attirare investimenti e di riequilibrare diseguaglianze che rischiano di minare alla radice qualsiasi possibilità di costruire una società all’insegna delle opportunità e non delle paure o delle chiusure. E’ una partita da giocare su più fronti, al di fuori di ogni logica di decrescita, ma nella consapevolezza che solo individuando priorità e punti di non ritorno sarà possibile creare le condizioni per uno sviluppo reale che non sia puro e semplice sfruttamento di quelle risorse che non sono infinite e che rappresentano un bene pubblico da tutelare. Non stiamo ovviamente in questa sede giá ragionando in termini di politiche di gestione, ma di prerequisiti da garantire per costruirle assieme.
UNA LOMBARDIA GENERATIVA
Per una regione ricca di storia, di tradizioni e di opportunità la sfida non può che essere quella di rinnovarsi per generare le condizioni di un nuovo che sappia consegnare al futuro i beni costruiti nel passato. Per la Lombardia questo impone una scelta prioritaria per i giovani, gli unici in grado di ragionare e vivere in termini generativi e non conservativi. Consegnare alle giovani generazioni il patrimonio accumulato in secoli di sviluppo è l’unica prospettiva credibile per una regione che voglia davvero vincere la sfida della crisi. Questo significa liberare risorse in sede di formazione e di relazione, aprirsi a collaborazioni con altri territori secondo una logica di solidarietà nazionale ed europea (nel senso di impegnarsi assieme per creare nuove opportunità di scambio e crescita), incrementare un patrimonio sociale che non può avere come unico obiettivo il raggiungimento di un utile di carattere economico. Costruire condizioni di generatività significa anche andare oltre la pur fondamentale logica dei diritti individuali per sostenere e promuovere l’impegno di chi costruisce percorsi e occasioni di crescita di un patrimonio sociale che rimetta in circolo forze nuove e risorse ad alto valore relazionale. I temi della demografia, della corretta relazione tra diverse generazioni e della gestione del fenomeno migratorio sono in quest’ottica decisivi e vanno gestiti con coraggio e lungimiranza.
UNA LOMBARDIA PER TUTTI
Solo due parole per dire che bisogna andare oltre i piccoli grandi interessi di gruppi più o meno consolidati per aprire davvero le istituzioni regionali all’interesse dei lombardi.
Sono solo alcuni spunti di riflessione, ancora lontani da una possibile declinazione programmatica. Spero possano essere utili e stimolanti, almeno per costruire la possibilità di un dibattito costruttivo alla ricerca di una proposta che possa sostenere l’idea di una Lombardia in grado di guardare oltre il ventennio formigoniano.