In occasione della Giornata della Memoria, che ricorda l’ingresso ad Auschwitz delle truppe sovietiche, vi affido i brevi pensieri di due sopravvissuti, raccolti rispettivamente in due bei volumi dell’Editrice Monti e delle Edizioni Paoline.
“La profonda sofferenza di tutti i prigionieri –
Ha detto Albert Camus – è quella di vivere con
una memoria che non serve a nulla”.
Bisogna avere il coraggio di ammetterlo:
il pericolo esiste. Ma non lo accettiamo.
La memoria deve sopravvivere nel tempo.
Il tempo passato non può,
non deve essere un muro invalicabile.
Il messaggio deve andare lontano.
Nel tempo che verrà.
(Nedo Fiano, “Il coraggio di viveve”, ed. Monti, pg. 203)
All’inizio abbiamo parlato molto della mia esperienza al Auschwitz, ma poi mi sono vigliaccamente nascosta da me stessa, e non è un bisticcio di parole. Volevo vivere una vita normale, volevo essere innamorata, volevo solo essere una giovane sposa e poi una giovane mamma, non una sopravvissuta allo sterminio degli ebrei.
Certo, il ricordo del lager era sempre presente, bastava un accenno, la vista del fumo o del fuoco, un cane lupo, un rumore e tac, ecco le vecchie immagini e la paura affioravano potenti.
Ma per tanti anni ho accantonato la memoria. Desideravo liberare la mia vita da quell’impronta tanto grave e nera, per renderla semplicemente normale.
E invece, da grandi, i miei figli mi hanno rivelato: “No, mamma, tu credevi che la tua esperienza fosse rimasta fuori dalla porta di casa; invece è stato sempre tutto permeato da questo argomento. Tu credi di non averne parlato. In realtà bastava il tuo numero a richiamare tutto quello che avevi passato. Dal tuo numero non si può prescindere”.
(E. Zuccalà, “Sopravvissuta ad Auschwitz – Liliana Segre, fra le ultime testimoni della Shoah”, ed. Paoline, pg. 116)
Esercitare la memoria è compito di tutti noi.