Mi ha fatto piacere leggere sulle pagine del Sole 24Ore un ampio stralcio dell’intervento con cui il Cardinal Scola ha inaugurato la sessione estiva della scuola del Marcianum, il centro studi promosso dal Patriarcato di Venezia. Il testo (Etica al centro di un nuovo futuro) mi pare possa proporsi come uno stimolo a riflettere su che cosa debba significare oggi occuparsi di economia e politica.
Vi propongo alcune riflessioni a partire dalle parole del cardinal Scola, anche in attesa del suo ingresso ufficiale previsto per domenica prossima.
Il Cardinale attinge abbondantemente alle riflessioni della “Caritas in veritate” di Benedetto XVI per affermare come il lavoro di chi è impegnato in questi campi non possa essere neutro dal punto di vista etico e valoriale. Pretendere di ridurre l’azione della politica e dell’economia a una semplice dimensione tecnica e procedurale rischia di mettere in discussione la possibilità stessa di perseguire il necessario raggiungimento del tanto evocato bene comune. Scola parla di una sorta di paralisi culturale che sembra aver ridotto i ragionamenti economici e politici alla semplice presa d’atto che tutto debba funzionare secondo meccanismi economici e finanziari che sarebbero in grado di autoregolarsi sulla base di elementi tecnico procedurali. Un atteggiamento del genere, che potremmo banalmente identificare in una sorta di tecnocrazia, rischia di mettere nell’angolo chi nel campo dell’impegno socio politico tenta di portare non semplicemente la propria competenza tecnica, ma intende spingersi a proporre visioni e progetti capaci di promuovere una visione di futuro che non si limiti al buon funzionamento meccanicistico della compagine sociale. Parlare di allargamento della ragione economica e politica significa proporre l’assoluta necessità di tornare a elaborare contenuti e proposte che siano capaci di disegnare un futuro plausibile e condiviso. Significa andare oltre la mancanza di idee e di contenuti di una politica che rischia di consegnarsi nelle mani di tecnici che non fanno altro che rinunciare a dare delle prospettive credibili e plausibili per disegnare una società più giusta e meno diseguale. In tempi di diffusa antipolitica, il richiamo del cardinal Scola mi pare un salutare invito a diffidare di chi ritiene che il futuro del nostro Paese debba essere messo nelle mani di tecnici che, in modo neutro, possano farlo funzionare. Se vogliamo ancora poter parlare di solidarietà e responsabilità, la politica è necessaria, purché non vesta i panni ambigui della tecnocrazia e torni a mettere al centro le persone.