Quando si parla di diritti si finisce per trattare questioni che poco hanno a che fare con la vita concreta dei cittadini.
Si parla di coppie di fatto, di testamento biologico e di altre questioni, per carità, di grande delicatezza e rilevanza, ma ci si dimentica di diritti basilari come quelli alla dignità lavorativa e alla tutela sociale. Potremmo anche definirli diritti legati al welfare, un tema che pare non essere più molto di moda. Anzi.
Le politiche sociali vengono considerate come un costo difficilmente sostenibile, come un lusso d’altri tempi.
Eppure il bisogno esiste, così come esistono tante storie di famiglie normali improvvisamente piombate in un limbo fatto di difficoltà economiche e vergogna sociale.
Se ne è parlato oggi in un seminario organizzato dalle ACLI di Lombardia e da Caritas Ambrosiana.
Nel corso della mattinata si è sottolineato come ci sia una cattiva distribuzione del reddito. Le iniziative del privato sociale o della chiesa non possono risolvere problemi che rischiano ormai di diventare strutturali e non più solo contingenti, ovvero legati a una crisi che presto passerà.
Il paradosso è che, in Italia, ogni cittadino nel 2010 ha speso più di 1000 euro (per un totale di 60 miliardi di euro) in giochi di vario azzardo.
Su una cosa tutti i presenti si sono dimostrati d’accordo: l’unica via d’uscita il lavoro, mancando il quale inevitabilmente molti di coloro che sono a vario titolo aiutati, non usciranno dallo stato di necessità.
Un’altra questione chiave, anche se spesso sottaciuta, è che l’attuale sistema di welfare tutela solo i già tutelati. Per questo appare urgente una revisione complessiva degli strumenti sostegno in chiave universalistica. Le Caritas lombarde stanno elaborando un’ipotesi in questo senso e a inizio giugno proporranno una sorta di autonomia per l’integrazione al reddito.
L’assunto di fondo dell’intera riflessione è uno solo: non ci possiamo permettere il lusso di avere persone senza tutele o possibilità di una vita dignitosa.
Lo proclama con forza la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo all’articolo 25:
Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
Sono parole che tutti diamo per scontate, ma che spesso facciamo fatica a tradurre in concreti provvedimenti a favore dei nostri concittadini.
Quando parliamo di diritti, non diamo nulla per scontato e ricordiamoci anche che gli enti locali hanno precise competenze che impongono loro di fare meno scelte ideologiche e più politiche di carattere sociale.