L’inaugurazione di Palazzo Lombardia è stata pensata come una grande passerella per il presidente Formigoni che ha però dovuto incassare qualche piccolo inciampo.Passino pure questi inconvenienti organizzativi dettati dal rigido protocollo e dal sistema di sicurezza che accompagna il presidente Napolitano, ma meritano più di un’osservazione anche i discorsi ufficiali.
Parte il padrone di casa, Roberto Formigoni, sciolto e disinvolto nel raccontare come Palazzo Lombardia intenda essere l’immagine plastica della regione e dei suoi territori. Nella trasparenza delle vetrate della nuova sede, Formigoni vede la conferma di quanto è capace di fare il suo governo regionale, da lui stesso definito trasparente e sussidiario. Formigoni ha poi accostato la nuova piazza pubblica contenuta dalle linee sinuose del palazzo a piazza Duomo con la quale dovrebbe instaurare un ideale connubio civile e religioso. L’esaltazione della laboriosità e dell’eccellenza lombarda ha toccato il suo culmine nel modo in cui il Presidente Formigoni ha citato l’anniversario dei 150 anni dell’unità d’Italia. Ringraziando Napolitano per il suo impegno di questi giorni, Formigoni si è sentito in dovere di puntualizzare (forse in ossequio all’ingombrante alleato leghista) come il percorso unitario sia stato sostanzialmente centralista e come il miglior modo di celebrare il compleanno dell’Italia sia quello di approvare nel 2011 la riforma federale dello Stato. L’intervento del presidente della Repubblica è suonato come una sorta di tiratina d’orecchie nei confronti di Formigoni: Napolitano ha offerto in pochi minuti una precisa e semplice lezione di diritto costituzionale sottolineando come la promozione delle autonomie e del regionalismo sia parte integrante della Costituzione e, seppure con qualche lentezza, sia compresa in un cammino che attende di essere definitivamente attuato ma che trova nella riforma del titolo quinto della Costituzione una pietra miliare. Il presidente ha anche ribadito come la nuova architettura dello Stato deve essere condivisa da tutti e portata a termine con la massima responsabilità e condivisione tra le diverse forze politiche e le varie parti del Paese. Non si è sottratto a precisi e taglienti giudizi sull’oggi anche il cardinal Tettamanzi che, prendendo spunto dalla metafora paolina del corpo e delle membra, ha sottolineato come una compagine sociale non possa vedere squilibri o disparità tra le sua parti costitutive e debba prendersi cura soprattutto dei più deboli. L’unità dell’Italia, splendidamente testimoniata dall’equilibrio e dall’autorevolezza del presidente Giorgio Napolitano, cui Tettamanzi ha tributato un sentito ringraziamento anche a nome della comunità ecclesiale, non può essere messa in discussione da tentazioni particolaristiche o da fughe in avanti di chichessia. Terminati i sobri ma ficcanti discorsi ufficiali, la cerimonia si è conclusa con un Formigoni meno raggiante che all’inizio e con un corale tributo a un presidente della Repubblica che si conferma quale credibile ed efficace rappresentante dell’unità del nostro Paese.
Mio P.S. personale: ma che cosa è venuto in mente a Formigoni? Perché scagliarsi contro il centralismo collegandolo ai 150 anni dell’Italia per poi sentirsi garbatamente rimbrottare dai suoi illustri ospiti? Temo seriamente che il nuovo Palazzo Lombardia possa diventare per il Celeste una prigione dorata con un arcigno carceriere: la Lega.