Tra i tanti messaggi di auguri di questi giorni, mi pare meriti di essere rilanciato quello della Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica.
Il testo, che trovate qui, parla di speranza, di necessità di prendere sul serio i segnali di disagio del mondo giovanile e di responsabilità da assumersi fino in fondo, in ogni ambito in cui si è chiamati a vivere e lavorare. Un bel modo per riprendere alcuni dei temi che hanno caratterizzato il dibattito degli ultimi mesi e farli oggetto di una qualche riflessione in giorni in cui ci è concesso il lusso di qualche spazio di calma e tranquillità.
Rimando tutti voi alla lettura integrale del messaggio di auguri, ma mi permetto di riportarne un paio di passaggi che mi paiono molto significativi.
Non ci è però consentito, per il bene stesso della nostra convivenza civile, rinunciare al sentimento della speranza. Vorremmo che di tale sentimento, in questo momento, fosse compresa tutta la portata: la speranza si traduce, nella vita di tutti, e nella vita di ogni giorno, in coraggio, capacità di resistenza, fiducia, ferma convinzione che non ci sarà sempre burrasca. La speranza è un potente motore che non spegne le coscienze, non acquieta gli animi in una pacata rassegnazione, al contrario attiva le risorse migliori della persona: l’iniziativa personale e comunitaria in difesa e in promozione del bene comune e della dignità di ciascuno, il senso del dovere e della responsabilità verso la sfera pubblica, la coerenza personale che si traduce in stile di vita esemplare anche per gli altri. Siamo chiamati, in modo diffuso e concreto, ad una semina costante di bene, che permetta al Paese intero di costruire il proprio futuro su fondamenta solide.
E ancora:
Più volte si è denunciato lo stato di grave frustrazione delle nuove generazioni, schiacciate da precarietà selvaggia, scarsi orizzonti, prospettive molto più cupe di quelle che avevano dinanzi i loro padri. Nel tempo, drammaticamente, si sono chiusi molti degli spazi di confronto tra adulti e giovani. La gerontocrazia che spesso si denuncia non è soltanto l’occupazione dei posti di potere da parte delle persone in là con gli anni, ma anche l’impermeabilità di tante istituzioni alle idee e alle sensibilità dei giovani. Politica, partiti, sindacati, scuola, università, lo stesso mondo dell’associazionismo rischiano di rinunciare ad un proprio proverbiale compito: veicolare nel dialogo pubblico i semi di novità che sempre provengono dalle nuove generazioni. In assenza di luoghi in cui ci sia un reale confronto e un reale ascolto, cosa resta ai giovani? Una asfittica accettazione dello stato di fatto? Ogni atto di violenza interroga tutti, chi lo realizza e chi lo subisce: cosa si fa ogni giorno per evitarlo? Il dialogo tra le parti sociali, e in particolare con i giovani, è una delle urgenze del momento storico. Rinunciarvi in nome delle proprie idee e delle proprie convinzioni porta solo in un vicolo cieco.
Come vedete, l’Ac non offre soluzioni a buon mercato, ma chiede a ciscuno di noi un supplemento di attenzione e riflessione.
La responsabilità di seminare, come ricordava profeticamente l’indimenticato Vittorio Bachelet, è di tutti, affinché ci possa essere qualcuno che domani sia in grado di godere dei frutti del raccolto.
Mi pare però di dover amaramente constatare che di questi tempi molti (direi troppi) si stanno preoccupando di raccogliere e consumare tutto quello che possono e si dimenticano che è sempre e prima di tutto tempo di seminare.