La cultura dell’emergenza e il suo sovrano

23 Dicembre 2010 di fabio pizzul

“Finché prevarrà l’emergenza come orizzonte culturale e politico, oltre che economico, Berlusconi ne resterà lo specchio fedele e, al tempo stesso, l’interprete più efficace”

Non è mia abitudine parlare di Berlusconi, ma queste parole con cui Ilvo Diamanti chiude il suo commento sulla “Repubblica” del 20 dicembre mi paiono importanti da commentare. Si tratta di un richiamo alla normalità della politica e della vita sociale. L’emergenza è formidabile strumento di controllo e di generazione di consenso politico. La normalità è cifra faticosa ma lungimirante di costruzione non del consenso, ma della coesione sociale.  Per costruire normalità culturale serve un lavoro quotidiano e silenzioso che da tempo è stato trascurato in nome di una visibilità mediatica intesa come unica possibilità di dialogo con i cittadini. L’emergenza come criterio di interpretazione e gestione della politica è figlia di un populismo che azzera il dibattito e il confronto e, presentandosi come soluzione perfetta per un funzionamento efficace della macchina amministrativa, mortifica di fatto ogni possibilità di confronto e dibattito politico-democratico. Abbiamo tutti bisogno di normalità, ma riconquistarla non è operazione facile e scontata, il mutamento culturale degli ultimi anni è stato lento, inesorabile e, temo, per molti versi difficile da invertire.
Lo stesso mondo cattolico deve impegnarsi in quest’ottica. Lo diceva anche Giuseppe De Rita la scorsa settimana parlando del ruolo dei cattolici in politica: è bene che si torni a pensare alla formazione di base e all’attività sociale e culturale della comunità cristiana, solo così si potrà tornare ad essere influenti e significativi nel dibattito culturale e politico. L’efficacia del messaggio e della testimonianza cristiana sono legati alla straordinaria portata della normalità quotidiana, l’esatto opposto dell’emergenza.
Mi pare ci sia materia abbondante su cui riflettere e su cui lavorare, in silenzio e con grande umiltà. L’emergenza verrà superata solo grazie a un ritorno alla quotidianità, meno clamorosa, magari, ma capace di costruire un futuro di speranza. Di questo si è parlato più volte in incontri ecclesiali ufficiali, da Verona a Reggio Calabria, si tratta ora di trasformare le parole in azioni e testimonianza.

Un commento su “La cultura dell’emergenza e il suo sovrano

  1. Anna Maria Contursi

    Concordo perfettamente! soprattutto riguardo ai cristiani: dobbiamo tornare a “fare cultura”. E non necessariamente la “nostra” ma, più in generale è necessario tornare a far riflettere sulla realtà per essere critici! mi sforzo di farlo con i miei ragazzi ma anche (e soprattutto!!) con i miei alunni e come me moltissimi docenti che da tempo si sono accorti di questa “emergenza educativa”.

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